“Non mi piace come “gira” questo motore”.
A orecchio c’è qualcosa che non quadra. Stenta per un attimo ad avviarsi, poi va, ma il suono, perché il rumore di un motore acceso è un suono, non è pulito e ritmico, ma somiglia ad un respiro aspro senza calore.
Ricomincio. Livello dell’olio, acqua, guarnizioni, pressione del turbo, batteria, cinghia, dinamo. Tutto a posto.
Ma cosa c’è che non mi convince ?
Mi distrae una cliente troppo elegante che si muove per l’officina come in un acquario tropicale.
“Desidera? Le posso essere d’aiuto?”
Si gira ruotando i capelli castani a frusta che si adagiano lisci sul suo collo lungo.
Senza sorridere mi guarda dall’alto in basso, odiosa, mi sento piccolo davanti a lei . Anzi ho proprio l’impressione certa che mi veda più piccolo.
La devo descrivere: alta, magra, filiforme polsi piccoli come le sue mani affusolate e bianche sul rosa delle nocche, viso magro, liscio, levigato, dove affiora una bocca a rossetto corallo non provocante.
“Quella su cui sta lavorando, spero, è la mia macchina. Ha trovato il problema?”.
La sua voce denuncia sufficienza, distacco, come umiliante.
“Si c’è qualcosa che non quadra, forse la farfalla del gas che scollegata alla centralina termica non mi dà l’avvio in sincronia”, ciarlo io mostrando competenza ad alti livelli di ingegneria quantistica.
“Mah, speriamo che risolva in fretta, sono stanca di taxi. Per quando me la consegna?”.
Intanto noto i monili che indossa, non saprei dire se siano gioielli di valore, ma certo tutto le luccica intorno illuminato dai neon della mia officina come una sala operatoria.
Anelli, due, una bella collana di pietre etniche che spiccano sul seno piccolo, orecchini pendenti, un Rolex da paura al polso.
“È pronta alle 18, quando chiudo”.
Neanche di finire la frase che entra silenziosa , a folle, una meravigliosa Mercedes 380 SL cabrio, anni ‘80, bianca, tettino grigio chiaro, interni in pelle blu scuro.
Spegne il motore, lui non scende, le apre la portiera.
Sale lei con una sforbiciata disinvolta “alle 18 allora, grazie“.
Per chi se intende di Omeopatia ha già riconosciuto la biotipologia del farmaco omeopatico, Platina.
Di cui già ho scritto, ma che adesso lo presento in una finestra di realtà.
La Materia Medica Omeopatica di Jaques Douanny, così cita:
“Orgoglio ed alta stima di sè, con disprezzo verso gli altri. Tutto le sembra inferiore fisicamente e moralmente, guarda tutto e tutti dall’alto in basso (è longilinea), con l’impressione palese di vedere le cose più piccole di quanto lo sono in realtà.
Umore instabile, femminile, alterna risate e pianti (Ignatia), per motivi ingiustificati.
Cefalee periodiche, a inizio e termine progressivo, con sensazione di costrizione al capo.
Sonno agitato con sogni erotici, spesso dorme supina con le braccia dietro la testa.
Libido e sessualità caotiche dov’è alterna periodo di rifiuto assoluto a periodi di erotismo accentuato.
Dolori pelvici vicino al ciclo specie a sinistra, ciclo abbondante, anticipante, che altera ulteriormente l’umore.
Rapporto con il cibo anch’esso difficile nel desiderio di buoni piatti e di dolci raffinati, al rifiuto e disgusto per gli stessi”….
Così ce la dipinge magistralmente il medico omeopata francese, rendendoci viva la tipologia che sicuramente nella nostra vita abbiamo incontrato e incontreremo.
Risultato certo.
Ore 18,15, sono solo, gli operai sono fuggiti via, sporco anche se la mia tuta di lavoro non lo dimostra, accolgo la mia castellana, le dò le chiavi ad occhi bassi e le mani gelide, e le dico che quando è comoda passerà a saldare.
Mi fa un sorriso che vale il conto, e me lo stampa in faccia come uno schiaffo dolce.
Sublime.
Dal finestrino della sua auto, una lustra Audi TT argento targa Svizzera, mi sembra di vedere che stia sorridendo, mentre aggancia la cintura si sicurezza.
Si sorride.
Sussurro: “Torna ti prego”.
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