La scelta di curarsi omeopaticamente non può essere dettata solo dalla necessità di non intossicare il corpo con medicine chimiche, cariche di possibili effetti collaterali. L’Omeopatia è preferibile perché è molto efficace ed ha una visione olistica e lungimirante delle malattie umane: non si preoccupa cioè di conseguire un risultato momentaneo agendo solo sul sintomo, ma si propone di risolvere il problema in profondità ed in maniera duratura. Quando una pianta ingiallisce per trattarla efficacemente dobbiamo infatti curare il terreno e fornirle la luce e l’aria necessarie al suo rinvigorimento. Con l’approccio sintomatico e farmacologico spesso non si interviene sulle cause del disagio ma ci si limita a dipingere le foglie ingiallite simulando una guarigione. L’Omeopatia ha una visione psicosomatica della medicina e ritiene che la componente emotiva e psicologico-esistenziale giochi un ruolo fondamentale nella genesi delle malattie. L’Allopatia tende ad escludere questa sfera dalla sua indagine ed a ricondurre la sofferenza umana soltanto a cause microbiche, alimentari, ambientali e, talvolta, genericamente allo stress.
Accade frequentemente che per la medicina tradizionale la causa della malattia sia ignota o non decisiva per la scelta del trattamento, che è comunque solo sintomatico. Per l’Omeopatia la causa psico-emotiva è spesso decisiva ed è necessario riconoscerla per la scelta del medicamento. Per evitare che la malattia si cronicizzi o ritorni in altra forma, non basta risolvere i sintomi ma occorre anche rimuoverne la causa.
L’essere umano è un composto sostanziale di materia ed energia, ossia di corpo e psiche. Questi due aspetti sono inscindibilmente legati tra di loro e funzionano all’unisono. In questi ultimi decenni anche la ricerca scientifica lo ha dimostrato: la neuro-endocrinologia e la neuro-immunologia congiuntamente alla psico-neurologia ci hanno fornito conoscenze che confermano quanto gli omeopati da 200 anni vanno testimoniando, cioè che le emozioni, i desideri, le fantasie, le paure sono sincronicamente correlate a sintomi e malattie fisiche. Basti pensare che recenti scoperte scientifiche hanno evidenziato la presenza nelle cellule del sistema immunitario degli stessi recettori che si ritrovano nelle cellule del sistema nervoso, dimostrando quanto sia stretta la correlazione tra stato psico-emotivo, ormonale e immunitario. Sia nelle malattie gravi che in quelle lievi la componente psichica è rilevante. Le malattie degenerative vengono attribuite all’aumento dei radicali liberi e spesso si riconosce allo stress un ruolo fondamentale nella loro comparsa.
Sappiamo che oltre all’alimentazione errata ed all’inquinamento anche i traumi emotivi, i rancori, le angosce, le preoccupazioni protratte possono determinare un aumento dei radicali liberi ed una conseguente degenerazione cellulare. Oltre alla visione psicosomatica, il differente approccio rispetto alla medicina allopatica, riguarda anche l’importanza conferita all’istinto naturale di guarigione. La Vis medicatrix per l’allopatia non è degna di grande considerazione, per l’Omeopatia invece l’intelligenza energetica del corpo è la vera artefice del processo di guarigione. Le malattie non sono soltanto espressioni della rimozione nel corpo di emozioni inascoltate ma anche manifestazioni adattative, ovvero embrionari tentativi di superamento del conflitto stesso. Attraverso il vomito, la diarrea, la febbre, il raffreddore, la tosse, la cistite, le perdite vaginali, le manifestazioni cutanee, l’invalidità momentanea di un dolore muscolare o cefalalgico eliminiamo in direzione centrifuga tossine e tensioni emotive accumulate. Nel corso di una infezione virale o batterica, per esempio, reagiamo con la febbre fabbricando anticorpi e, grazie al riposo forzato, ricarichiamo la nostra “batteria” esaurita. Grazie alla convalescenza possiamo inoltre riflettere sul disagio emotivo vissuto nelle settimane o nei mesi precedenti.
L’approccio omeopatico è molto distante dall’ottica efficientista che contraddistingue la mentalità moderna. Sopprimere i sintomi fisici senza curarne la causa comporta un aggravamento dello stato di salute complessivo del malato, peggiora le angosce profonde inducendo un effetto boomerang somato-psichico: il conflitto emotivo diviene più intenso e viene rappresentato nel corpo da nuove manifestazioni patologiche. L’Omeopatia non considera le malattie soltanto come nemiche da combattere ma anche come opportunità per raggiungere un più alto grado di salute e consapevolezza. Il Rimedio omeopatico si sintonizza con il disagio che il corpo spontaneamente esprime attraverso i sintomi, non si contrappone ad essi per zittirli come accade con i farmaci chimici, dotati di un’azione centripeta opposta alla direzione naturalmente centrifuga della Legge di Guarigione biofisica. Il farmaco omeopatico aiuta i sintomi a risolversi, consentendo al paziente una consapevolezza maggiore della problematica sottostante. Il medico che pratica l’Omeopatia Classica è un professionista laureato in medicina che conosce sia il punto di vista della medicina tradizionale e farmacologica sia quello della medicina omeopatica, ed è pertanto portatore di una conoscenza specialistica aggiuntiva rispetto al medico che pratica soltanto la medicina allopatica. L’omeopata si avvale della stessa metodica diagnostica della medicina ufficiale, ne conosce i fondamenti scientifici e li applica nel suo lavoro. Utilizza l’Omeopatia come metodica complementare a quella medica tradizionale, con la quale ha un rapporto di collaborazione attiva. La diagnosi omeopatica si avvale di una indagine psicosomatica molto approfondita finalizzata all’individuazione del medicamento specifico per ogni paziente, a seconda dei sintomi peculiari, del carattere e della costituzione, andando perciò al di là della diagnosi nosologica. Il paziente che sceglie l’Omeopatia Classica deve collaborare attivamente con il medico fornendo tutte le informazioni richieste di tipo fisico, emotivo, immaginativo, onirico ed esistenziale. Per tutti questi motivi la diagnosi omeopatica è molto approfondita e richiede che il paziente sia partecipe del percorso di guarigione e non meramente oggetto passivo di un trattamento.
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