Hahnemann e Melanie, dentro una carrozza trainata da due bianchi cavalli, ritornavano a casa dopo una serata trascorsa a teatro. Faceva freddo, l’aria di Parigi era umida e le strade bagnate a causa della pioggia appena caduta. I cavalli, spronati dalle frustate del vetturino, accelerarono la corsa. Sempre di più. Finché la carrozza, ad un incrocio, sbandò sul viscido acciottolato e finì contro un muro. Dal finestrino sbucò la pallida faccia di Hahnemann. – Chi è quel pazzo che guida in questo modo? – Urlò.- Voglio sapere il nome.-
Il vetturino, completamente ubriaco, fece capolino da dietro una delle ruote. – Sono Francis Scott Fitzgerald! – Disse, con un inchino, poi afferrò la bottiglia piena di vino e riprese a bere. Hahnemann uscì dalla carrozza e aiutò Melanie a scendere. – Siamo stati fortunati: non ci siamo fatti male.- Disse lei.
Hahnemann, con sguardo dolce, l’abbracciò ed esclamò: – Non temo nulla, se ho te vicino.
– L’ottimismo è il contentino di piccoli uomini che occupano grandi posti. – Sbraitò Fitzgerald. Melanie lo osservò con tristezza. – Oh povero vetturino, cosa vi ha ridotto così?-
Fitzgerald, che nel frattempo aveva svuotato la bottiglia, ne tirò fuori un’altra da sotto il mantello e biascicò: – Prima tu prendi un drink, poi il drink ne prende un altro, e infine il drink prende te. – Hahnemann, impaziente di ritornare nella camera da letto con la sua amata, gli si avvicinò e disse: – Suvvia buon uomo, rimontate in carrozza e portateci a casa. –
Ma lo scrittore, barcollando, andò a sedersi accanto ad una delle ruote. – Non vorrete lasciarci qua per strada?- S’indignò il medico tedesco.- Che genere di coscienza avete?-
– Fu un grande peccato, quello di chi inventò la coscienza. Perdiamola per qualche ora.- Fu la risposta, tra sussulti di singhiozzo, di Scott Fitzgerald.
– Caro. – Intervenne Melanie.- Perché non diamo a questo poveretto della Nux vomica?- Hahnemann s’avvicinò allo scrittore, lo scrutò e domandò: – Siete freddoloso? Collerico e attaccabrighe? Temete la solitudine e avete paura dei fantasmi?- Fitzgerald, come ipnotizzato, annuì ad ogni domanda. Hahnemann sentenziò: – Ranunculus bulbosus!-
Melanie s’indispettì: – Ha parlato il grande medico. – Con sdegno, senza salutare s’allontanò dicendo: – E il mio parere, dal momento che non sono nemmeno laureata in farmacia, vale meno di nulla.-
Hahnemann, sbalordito e umiliato, inutilmente la richiamò indietro. Triste e depresso si sedette accanto a Fitzgerald. Con occhi pieni di lacrime, gli domandò: – Tu non hai problemi di cuore?-
Lo scrittore americano gli passò la bottiglia. – Amo la gente e amo che la gente mi ami, ma lascio il mio cuore dove Dio lo ha messo: all’interno di noi stessi. –
– Amo quella donna, anche se spesso mi arreca dolore.- Disse Hahnemann, dopo essersi scolato metà bottiglia.
– A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere.- Replicò Fitzgerald. Passarono alcune ore. Hahnemann, abbracciato allo scrittore americano e completamente sbronzo, disse: – Io ho pubblicato “l’ Organon dell’arte di guarire” e il “Trattato delle Malattie croniche”. –
-Io “Il grande Gatsby” e “Tenera è la notte”-
Mai sentiti nominare. – Biascicò Hahnemann. – Ne devi aver venduto pochissime copie. –
-Più o meno.- Disse Fitzgerald.