Questo anno è stato difficile e faticoso per tutti; il Natale scorso non è stato un vero Natale e quello di quest’anno rischia di esserlo solo in parte. È per questo che ho scelto di raccontarvi una favola di Natale che ha come protagonisti i cani ed i gatti. E’ una favola dedicata a tutti quelli che amano questi meravigliosi compagni di vita, e che hanno il privilegio di condividere il loro tempo ed il loro spazio con un vero amico: un amico con la coda.
La bella favola della legge che tutela i randagi
Questa è una favola antica ma anche moderna. Le sue origini risalgono infatti ad una legge dell’ormai lontano 1991: la legge quadro n. 281 del 14 agosto 1991 che riconosce il diritto alla vita e alla tutela dei randagi, limitandone la soppressione ai soli casi di comprovata pericolosità e malattie gravi e/o incurabili. Ma è anche una favola moderna perché questa meravigliosa legge che tutela gli animali liberi è stata modificata recentemente, nel 2019, con norme ancora più stringenti contro la crudeltà e gli abusi sui nostri amici.
C’era una volta un cane senza un umano, ed un gatto libero di vivere la vita che gli compete, ovvero da felino. Entrambi erano dapprima catturati per essere eliminati, ma un bel giorno un legislatore che li amava e li rispettava, decise che non era giusto, e finalmente emanò un regolamento che tutelasse il loro diritto più importante, un diritto inalienabile per un animale, ovvero il diritto ad essere libero.
Finalmente cani e gatti senza un umano potevano vivere serenamente accuditi non da una sola persona, ma da chiunque volesse prendersi cura di loro aiutandoli a condurre una vita libera. Questi animali furono rinominati cane di quartiere e gatti in libertà, e la legge finalmente riconobbe non solo il loro diritto ad essere liberi, ma anche il loro diritto ad essere rispettati, ed aiutati a sopravvivere.
Noi umani ci siamo presi proprio tutto. Nelle grandi città abbiamo creato un habitat spesso incompatibile con la vita degli animali, che sono cittadini della terra quanto noi, se non più di noi. Abbiamo ridotto le aree verdi al minimo, abbiamo riempito gli spazi di auto che inquinano, di spazzatura e di confusione. Ma ad un certo punto abbiamo capito che anche loro hanno diritto quanto noi a vivere serenamente. Nel frattempo cani e gatti si sono abituati. Ognuno con le sue prerogative etologiche hanno iniziato, o meglio continuato, a vivere accanto a noi, modificando le loro abitudini ed adattandosi ai cambiamenti, anche quando questi erano difficili.
I Pet nella protostoria
I cani hanno iniziato a chiedere da mangiare ai macellai piuttosto che ai bar e ristoranti, ed i gatti si sono riuniti in gruppi, continuando a cacciare le piccole prede di sempre, e ogni tanto approfittando di qualche scarto alimentare. I più temerari, contravvenendo alla loro natura schiva, hanno incominciato anch’essi a chiedere cibo agli umani, rendendosi simpatici ed affabili. Per i cani è stato molto più semplice: è bastato ricordare di quel loro trisavolo che durante il paleolitico fece amicizia con l’uomo proponendogli un grande affare: controllare il perimetro dell’accampamento in cambio degli avanzi di cibo. Quell’affare è andato a buon fine e grazie a questa bellissima collaborazione l’uomo ha potuto dormire sonni tranquilli e dedicarsi ad arti e mestieri che fino a quel momento aveva dovuto mettere da parte perché troppo impegnato a difendersi dai predatori, e che nei secoli l’hanno portato a quello che è oggi, ovvero l’uomo moderno.
Anche i gatti però hanno un po’ rivendicato il loro ruolo di protettori di granai e derrate alimentari, ma senza troppo entusiasmo. Grazie a loro infatti topi ed uccellini non avevano più accesso alle dispense degli umani, ed effettuare questo lavoro non è neanche costato tanto al gatto che si è ritrovato improvvisamente idolatrato come Dio, semplicemente facendo quello per cui è nato, ovvero cacciare. L’uomo, che seppur in grado di creare disastri ambientali stupido non è, ha capito che questi animali lo avevano aiutato, e qualcuno più illuminato ha deciso finalmente di tutelarli e di premiarli con la ricompensa più agognata: la libertà.
E’ per questo che sono nati i cani di quartiere, oggi chiamati cani liberi accuditi, e colonie di gatti in libertà.
Questi animali che vivono liberi sui nostri territori possono infatti essere accuditi da privati cittadini o da associazioni animaliste che si occupano di sfamarli, e di soccorrerli in caso di necessità portandoli dal veterinario. Non gli viene concesso di riprodursi per evitare che il loro numero divenga tale da non poter più essere accuditi, ma gli viene garantita assistenza veterinaria, cibo, acqua, un riparo e la tanto agognata libertà.
Tommaso il cane di quartiere
Ho conosciuto personalmente un cane di quartiere; si chiamava Tommaso. Era un grosso cagnone fulvo, con le orecchie lunghe come un cane da caccia, la coda sbilenca e i colori di un pastore tedesco. La sua genetica era cosi varia che era impossibile capire i sui genitori ed i suoi nonni di che razza fossero; era probabile che fosse un meticcio da diverse generazioni, forse da sempre. Tommaso era un gran signore. Lo incontravi in villa e ti veniva a salutare sorridendo con la coda. Chi ha un cane sa cosa intendo: il sorriso con la coda si fa scodinzolando lentamente a coda bassa. Tommaso mi accompagnava spesso nelle mie passeggiate ed era molto simpatico e conviviale con i miei cani. Si annusavano, scambiavano 4 chiacchere canine, poi lui ci scortava fino a casa ed anche se lo invitavo a salire perché fuori faceva freddo, declinava educatamente l’invito. Tommaso aveva un’umana che gli apriva la porta di casa ogni volta che voleva dormire al caldo. Lui aveva scelto lei e la sua casa. Aveva anche parecchi punti di ristoro: un edicolante che gli faceva trovare sempre una scodella d’acqua fresca, sia d’inverno e soprattutto d’estate, e vari bar e ristoranti che erano ben lieti di offrirgli il pranzo. Tommaso era un cane sicuro di sé. Non litigava mai e se vedeva qualche cane litigare si metteva in mezzo per farli smettere. Un giorno non l’ho visto più. Poi sono passati i mesi e mi sono resa conto che quella presenza discreta e piacevole non esisteva più. Chiesi conferma all’umana che l’accoglieva in casa nelle fredde notti invernali, e mi diede la triste conferma. La malinconia impietosa mi assalì, ma fu breve perché malgrado il dolore per la perdita di quell’amico indipendente e simpatico, avevo la consapevolezza che Tommaso aveva vissuto una vita piena, felice e soddisfacente, ed il suo viaggio su questa terra era terminato nel modo più naturale del mondo.
Nerone, Polifemo, Zorro, Ester e Yuma
Per quanto concerne i gatti invece, in tempi non sospetti creai io stessa una colonia felina ante litteram, quando questo termine non esisteva neanche. Avrò potuto avere 7 o 8 anni e nel cortile del mio palazzo venivano spesso a fare scorribande alcuni gatti. Ogni volta che ne vedevo uno preparavo qualcosa da mangiare e glielo portavo. Non si facevano avvicinare e tantomeno toccare, tranne uno, un gattone nero a pelo lungo, forse il cugino stretto di un persiano. L’avevo chiamato Nerone. Nerone si faceva anche pettinare e pulire gli occhi ed in cambio di questo servizio di coiffeur mi dispensava molte fusa. Poi c’era Polifemo, uno con un occhio solo che aveva sempre la congiuntivite. Nella mia testa di bambina si fece chiara l’idea che solo facendo la veterinaria avrei potuto curargli l’unico occhio funzionante. E quindi armatami di colliri e tanta buona volontà, sotto consiglio del mio veterinario dell’epoca, rincorrevo Polifemo per applicargli le gocce nell’occhio sano. Il risultato non era sempre soddisfacente: molta confusione, tanti graffi e poche gocce ben applicate. Ma in qualche modo secondo me Polifemo capiva che tentavo di aiutarlo, perché non se ne andava. Era libero di farlo ma continuava a vivere nel cortile. Poi vennero Zorro che si arrampicò su una palma di 10 metri inseguito da un cane e vennero i pompieri per tiralo giu. E poi le mie due amate Yuma ed Ester, sorelle tanto diverse che non si può immaginare. Yuma ti veniva in contro con la coda dritta in segno di saluto, bofonchiando i sui “frruu, frru” che tradotto dal gattese vuol dire “ben trovata! Che piacere rivederti “! Ester, molto più seria e territoriale, non consentiva a nessun altro gatto di avvicinarsi al cortile. Batteva con attenzione tutto il perimetro e sopportava a stento la sorella, che si sdilinguiva in tentativi di coccole, ricevendo sempre e solo sonore soffiate! Ester faceva persino la guardia; restava fuori al portone di vedetta o si sedeva addirittura al posto del portiere. Se fosse vissuta ancora un po’ forse avrebbe anche imparato a firmare la ricevuta di ritorno delle raccomandate. Ecco, tutti questi gatti, seppur non vissuti per 20 anni, sono stati gatti felici. Loro mi hanno scelta, hanno scelto il cortile, il portiere ed i condomini. Potevano andare via quando volevano, ma preferivano noi. Ogni volta che uno andava via in modo definitivo perché il suo orologio biologico si fermava, il dolore era tantissimo, ma anche la consapevolezza di averli aiutati a vivere come ogni gatto vorrebbe.
Sappiate quindi che nelle vostre città e nei vostri paesi potrebbero esserci cani e gatti così fortunati. Liberi ma accuditi. Cercate almeno a Natale di non pensare che ci sono umani disumani, crudeli nei loro confronti, e se ne incontrate uno sul vostro cammino, aiutatelo. Offritegli acqua fresca se fa caldo, un pasto o un riparo se potete. Se lo vedete ferito portatelo da un veterinario. Insomma aiutate per quanto potete queste fantastiche creature che chiedono pochissimo e regalano tantissimo, a fare la loro vita. Aiutateli nell’intento più prezioso per ogni essere vivente: Vivere liberti.
Buon Natale!