Si deve ad un chimico britannico, James Lovelock (nato nel 1919 e morto il 26 luglio di quest’anno a 103 anni), l’idea di considerare il nostro pianeta Terra se non proprio come un unico organismo quanto meno come un unitario sistema fisico complesso. È l’ipotesi Gaia formulata da Lovelock quando, incaricato di valutare l’esistenza di altre forme di vita nell’universo, guardò da un punto di vista esterno le condizioni di possibilità della vita qui da noi e sottolineò come la vita dell’uomo sia strettamente collegata alle altre forme di vita ed alla composizione ed al ciclo degli elementi che compongono Gaia, il sistema del pianeta Terra. Il suo libro del 1979, Gaia: A New Look at Life on Earth, rappresenta un punto di svolta nella storia dell’ecologia.
Nuove idee sull’ecologia
I viaggi nello spazio hanno reso possibile una nuova visione della Terra. “Tale visione ha fatto sorgere l’ipotesi, il modello, nel quale la sostanza vivente della Terra, l’aria, gli oceani e le superfici emerse formano un sistema complesso, che può essere visto come un singolo organismo avente la capacità di mantenere nel nostro pianeta le condizioni adatte alla vita.”
Già nel 1962 Rachel Carson nel suo libro Primavera silenziosa aveva dimostrato l’impatto devastante sull’ambiente dell’uso dei fitofarmaci ed in particolare del DDT. Lovelock ideó invece un metodo per lo studio dell’attività dei CloroFluoroCarburi nel provocare il buco dell’ozono. Più di quanto il tono della Carson fosse soprattutto accusatorio, l’approccio di Lovelock volle essere eminentemente scientifico. L’ipotesi Gaia è in buona sostanza quella secondo cui “la biosfera è un’entità autoregolata, capace di mantenere vitale il nostro pianeta mediante il controllo dell’ambiente chimico e fisico”.
Se Gaia esiste “allora è possibile che si scopra che noi e tutte le cose viventi siamo parte e partner di un vasto essere che nella sua completezza ha il potere di mantenere il nostro pianeta confortevolmente adatto alla vita”.
Incaricato di cercare forme di vita su Marte, Lovelock propose di individuare come caratteristica saliente della vita la riduzione di entropia. E per quanto la sua proposta fosse stata rifiutata, egli proseguí nella sua ragionata ricerca di una definizione della vita. Assumendo come ulteriore caratteristica che la vita è in grado di diminuire la sua entropia interna attraverso l’assunzione di energia che viene poi restituita all’ambiente in forma degradata. L’atmosfera andava perciò compresa come “estensione dinamica della biosfera stessa”. E Lovelock fu così invitato ad occuparsi delle possibili conseguenze dell’inquinamento ambientale provocato dalla combustione di carboni fossili.
“Il risultato di questo approccio unidirezionale fu lo sviluppo dell’ipotesi secondo cui l’intera gamma della materia vivente sulla Terra, dalle balene ai virus e dalle querce alle alghe, poteva essere considerata come costituente una singola entità vivente, capace di manipolare l’atmosfera terrestre per le proprie necessità globali e dotata di facoltà e poteri superiori di molto a quelli dei suoi singoli costituenti.”
Nell’ ipotesi Gaia la biosfera influisce sull’atmosfera. “È un’alternativa alla visione pessimistica, che considera la natura come una forza primitiva da soggiogare e da conquistare. È anche “un’alternativa a quell’altrettanto deprimente immagine di un pianeta, il nostro, visto come demente nave spaziale, viaggiante per sempre, senza guida e senza scopo, in un’orbita interna intorno al sole.”
Per quanto gli elementi chimici della vita siano diffusi ovunque nell’universo, la vita appare un evento estremamente improbabile. Ma a Lovelock non tanto interessa la questione dell’origine della vita, quanto piuttosto di spiegare come la Terra, nata circa quattro miliardi e mezzo di anni fa, abbia potuto e saputo supportare la vita in essa generatasi un miliardo di anni dopo. E nell’origine della Terra la fissione nucleare, scaturita dall’esplosione di una grande stella trasformatasi in una supernova, è un processo più naturale della combustione dei fossili messa in opera dalla tecnologia dell’uomo.
“Quando la vita ebbe inizio, la Terra doveva avere un’atmosfera riducente contenente idrogeno.” Questo elemento essenziale della vita, l’idrogeno, si trova anche su altri pianeti. Ma l’ipotesi Gaia sostiene che solo la biosfera della Terra abbia saputo creare condizioni ambientali e climatiche propizie allo sviluppo della vita. La biosfera si è per così dire coevoluta per sviluppare condizioni favorevoli alla vita. È stato l’adattamento flessibile di Gaia a trasformare l’ossigeno dalla possibile catastrofe dei primi organismi anaerobi alla sua essenziale importanza per forme di vita più evolute.
Qui sta il filo sottile dell’ecologia non integralista di Lovelock: l’inquinamento sarà pure l’inevitabile conseguenza della vita in azione, ma non può minare le sue stesse basi, non può alterare quell’equilibrio e osmosi che hanno reso possibile la vita stessa.
Gaia è la più grande creatura vivente sulla Terra, ed in essa è dato trovare aggregazioni altamente improbabili di molecole. La termodinamica ci insegna che allo stato di equilibrio non vi è più energia disponibile. Gaia mette invece continuamente e dinamicamente energia a disposizione. La vita richiede per continuare un continuo afflusso di energia, che le arriva dal sole e di cui può disporre grazie a Gaia. A cominciare, come ci insegna il mito di Prometeo, dall’energia libera disponibile per accendere un fuoco.
La vita dipende da un osmotico discostamento dagli estremi. “Così come un eccesso di anidride carbonica conduce ad un surriscaldamento, allo stesso modo la sua rimozione dall’atmosfera potrebbe condurre ad un estremo congelamento.” A questo scopo gli organismi viventi hanno un sistema di comunicazione e di autoregolazione. In tal senso è possibile applicare modelli cibernetici ai sistemi viventi. “La funzione primaria di molti sistemi cibernetici è di mantenere un’evoluzione ottimale, attraverso condizioni mutevoli, verso uno scopo predeterminato.” La vita fa del suo meglio, cercando di fare il minor numero possibile di errori. “I sistemi biologici sono intrinsecamente complessi, ma oggi è possibile capirli e interpretarli in termini di ingegneria cibernetica moderna”. “La stabilità di sistemi complessi indica come Gaia può funzionare fisiologicamente.”
“Noi siamo indubbiamente una parte vivente di una strana e bella anomalia nel nostro sistema solare.” Nei vari strati dell’atmosfera avvengono reazioni chimiche propizie alla vita sulla Terra. E l’equilibrio dell’atmosfera terrestre molto deve all’acqua, agli oceani, al mare, che costituisce circa tre quarti della superficie terrestre. Presumibilmente la vita ha avuto inizio nei mari. Attualmente circa metà della massa della materia vivente si trova nel mare. L’ipotesi Gaia spiega la costante salinità del mare e le reazioni chimiche che la consentono.
Lovelock non è un catastrofista e pare non voler fare dell’inquinamento una colpa dell’uomo. “Se per inquinamento noi intendiamo lo scarico di materiali di rifiuto, vi è davvero ampia prova che l’inquinamento è naturale per Gaia quanto la respirazione lo è per noi e per moltissimi altri animali.” “Il concetto stesso di inquinamento è antropocentrico e può perfino essere inappropriato nel contesto di Gaia.” Il progresso non è una colpa: possono essere state più dannosi e tossici incauti metodi primitivi di agricoltura che non più recenti tecniche moderne.
È pur vero che “noi come specie, aiutati dalle industrie ai nostri ordini, abbiamo notevolmente alterato alcuni dei più importanti cicli chimici del pianeta.” Ma nell’ipotesi Gaia all’inquinamento ambientale prodotto dall’uomo sembra poter esserci una adeguata reazione osmotica. “Certamente ci è necessaria la fiera spinta emotiva dell’ecologo radicale che ci mette in guardia contro i rischi reali o potenziali dell’inquinamento, ma nella nostra risposta dobbiamo aver cura di non avere una reazione eccessiva.” Ed è in ogni caso molto utile approfondire la conoscenza delle funzioni regolatrici essenziali di Gaia. L’aumento esponenziale della popolazione umana richiede una buona agricoltura. Il pericolo maggiore non deriva tanto dall’inquinamento urbano, ma da pratiche pericolose rozzamente adoperate in zone critiche come i tropici e le acque costiere.
Nell’ecologia disincantata di Lovelock, l’uomo non è né un coscienzioso giardiniere né un improvvido devastatore. La termodinamica ci insegna che la morte di un qualche sistema chiuso “è il complemento essenziale all’incessante rinnovarsi della vita.”
Un aumento di tecnologia significa anche un aumento della capacità di elaborare e trasmettere informazioni. “I cibernetici ci dicono che noi potremmo passare indenni attraverso questi tempi turbolenti se la nostra abilità nel manipolare informazioni si sviluppasse più velocemente della nostra capacità di produrre più energia. In altre parole, se noi possiamo tenere sempre sotto controllo il demone che abbiamo fatto uscire dalla bottiglia.” Il sistema Gaia sembra consentire la ricerca di un nuovo optimum che incorpori i cambiamenti. Certo, l’uomo potrebbe invadere “la capacità funzionale di Gaia in misura tale da renderla invalida.” Eppure “l’uomo ha la capacità nuova di raccogliere, accumulare ed elaborare informazioni, e quindi usarle per manipolare l’ambiente con determinazione e in modo da anticipare i tempi.” Purché abbia rispetto della sensibilità della natura e non commetta l’errore cartesiano di considerare gli animali macchine anziché essere senzienti. Anzi: “Cominciamo col considerare il nostro senso della bellezza. Con ciò io intendo quelle complesse sensazioni di piacere, riconoscimento e completamento, meraviglia, eccitazione, desiderio che ci riempiono quando vediamo, sentiamo, odoriamo o udiamo qualsiasi cosa intensifichi la nostra autocoscienza e allo stesso tempo acuisca la nostra capacità di percezione della vera natura delle cose”
Questa sarebbe la tragicità della hybris umana di considerare la nostra razionalità arbitra dell’universo. La nostra maggiore colpa sarebbe “l’ignoranza delle possibili conseguenze delle nostre azioni”.
A chiosare questo suo importante libro, Lovelock cita l’Ecclesiaste.
“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per
ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
Un tempo per piantare e un tempo per sradicare le
piante. (Ecclesiaste, 3.1-3)”
È ottimista, oltre che disincantata, l’ecologia di Lovelock. “Forse un giorno i figli che noi divideremo con Gaia collaboreranno pacificamente con i grossi mammiferi dell’oceano e useranno l’energia delle balene per viaggiare sempre più veloci con la mente, come l’energia del cavallo in passato fu usata per il trasporto sul terreno.”
Il Novacene
Quarant’anni dopo Gaia Lovelock ha scritto il suo ultimo libro, Novacene.
Dando per acquisita la definizione di un’era ecologica, l’Antropocene, caratterizzata dal prevalente impatto della tecnologia prodotta dall’uomo, databile a partire dalla Prima Rivoluzione Industriale (la macchina a vapore), Lovelock ipotizza il profilarsi di una successiva era geologica, il Novacene appunto, nella quale la nostra stessa tecnologia produrrà intelligenze che siano per almeno alcuni aspetti, quali rapidità ed efficienza, superiori alla nostra. Nell’ottimistica previsione di Lovelock, noi collaboreremo con queste macchine intelligenti, allo scopo condiviso della sopravvivenza ed evoluzione della vita su Gaia. Il cosmo è pronto ad accogliere e coevolvere anche con i cyborg.
L’impatto dell’uomo non è stato solamente negativo. “Soltanto quando l’umanità ha sviluppato gli strumenti e le idee per osservare e analizzare lo stupefacente spettacolo della chiara notte stellata, il cosmo ha cominciato a svegliarsi dal lungo sonno dell’ignoranza.”
E però quello stesso pianeta Terra che ha concepito l’unico essere in grado di conoscere il cosmo, è per certi aspetti vecchio e fragile, ed ha bisogno della protezione di Gaia, che in particolare lo raffreddi evitando le peggiori conseguenze dell’effetto serra.
“L’estinzione umana è sempre stata un rischio imminente.” Oggi la minaccia più pressante ed evidente è il calore, il riscaldamento globale. E la conoscenza che ci può salvare non può più essere solo quella lineare di causa-effetto. Dobbiamo affidarci anche al pensiero complesso ed all’intuizione.
Noi siamo davvero a casa nell’universo. E se l’universo ha incubato esseri in grado di conoscerlo, noi dobbiamo all’universo di fare buon uso delle informazioni che ricaviamo da questa conoscenza. “Dobbiamo usare questo dono con saggezza”.
Anzi possiamo accettare anche di farci superare in tal senso. Ecco l’eutopia di Lovelock. “La rivoluzione appena iniziata potrebbe essere intesa come la continuazione del processo grazie al quale la Terra nutre chi è in grado di comprendere, gli esseri che permetteranno al cosmo di conoscere se stesso.” E questa funzione potrà in un futuro spettare ai cyborg, questi organismi cibernetici, esseri tecnologici composti in parte di carne ed in parte meccanici, da noi stessi concepiti a nostra somiglianza ed a cui possiamo guardare fiduciosi. “Queste entità sapranno progettare e costruire se stesse, a partire dai sistemi di intelligenza artificiale già messi a punto da noi. Così in breve tempo diventeranno migliaia di volte e poi decine di milioni di volte più intelligenti di noi”. “Avremo bisogno gli uni degli altri. Sarà Gaia a mantenere la pace tra noi.”
Per Lovelock l’energia nucleare è molto meno pericolosa di quella dei combustibili fossili, ed in qualche modo ha modificato il nostro modo di pensare la guerra. Ma secondo Lovelock non è il cattivo uso che se ne fa in guerra a poter decidere delle opportunità di una forma di energia. Un’intelligenza che non voglia autodistruggersi saprà farne un buon uso.
Il progresso insomma non può essere visto secondo Lovelock come il male che viola il mondo che era stato creato da un Dio buono. Anzi. “È meraviglioso vivere in un’epoca in cui abbiamo potuto prendere coscienza di Gaia e io mi sento un privilegiato per aver vissuto in mezzo a questo frenetico proliferare di ricerche scientifiche e imprese ingegneristiche.”
I computer hanno avuto ovviamente fin dall’inizio una rapidità di calcolo incomparabilmente superiore alla nostra. Ma il salto di qualità di una possibile nuova era geologica è che ora i computer servono a programmare altri computer.
Alcune presupposizioni di Lovelock su questa nuova era futura possono sembrare ingenue, come quando immagina i cyborg come sfere che possano comunicare senza dover fare uso del linguaggio, o che sappiano vivere al passo con il tempo quantistico. Noi saremo sorvegliati, immagina Lovelock, da macchine di amorevole grazia. “La sopravvivenza della nostra specie dipenderà dal fatto che i cyborg accettino Gaia”. Ed anzi, se la guerra deriva da una decisione dell’uomo, possiamo auspicare che il Novacene sia un’era più pacifica dell’Antropocene.
Noi saremo genitori dei cyborg, senza poter essere simili a questi nostri figli. “I cyborg concepiranno cyborg. Invece di continuare a esistere come forme di vita inferiori soltanto perché ci fanno comodo, evolveranno e potranno diventare prodotti evolutivi avanzati di una nuova e potente specie. Ma grazie a Gaia, che domina e controlla, non potranno mai diventare i nostri padroni.”