Integrare viene dal latino Integrare, derivato da intéger. Significa completare, incorporare un elemento nuovo in un insieme così da portarlo a termine, aggiungendo quanto utile ad ottenere il risultato.
In medicina è l’unione di forme farmaceutiche diverse. Derivato da intèger, integro. È, in inglese, to integrate.
Forse una semplicistica traduzione inglese ha creato qualche confusione.
Per ”integrativo” in medicina considererei che la parte aggiunta, conservi il suo stato, le caratteristiche proprie distintive, non solo di sostanza ma anche del modus operandi e del metodo che l’ha portata a essere prescritta.
Per l’Omeopatia è la ricerca del simillimum e considerare il malato e non la malattia, come recita il primo paragrafo dell’Organon, “rendere sano il malato, ovvero come si dice guarirlo”. Conserva quindi, un’identità un corpus definito.
Per “integrato” considererei l’aggiunta di sostanze diverse che non appartengono a un corpus medico unico, osservando il malato secondo sintomatologie che, anche se viste in maniera olistica, vengono affrontate secondo sintomo. Quando si prescrivono più sostanze avviene sempre una interazione di farmacodinamie che, per quanto riguarda la medicina accademica e i suoi effetti collaterali, non sono somma delle possibili complicanze riportate nei bugiardini, ma variazioni non determinabili.
L’Omeopatia, esaminando la persona nella sua complessità di corpo-mente-spirito, prescrive un solo rimedio perché, in una visione olistica, reputa che ognuno di questi agisca sulla totalità dell’essere vivente. Ogni rimedio ha sue specifiche caratteristiche psichiche, per cui l’utilizzo di più rimedi porterebbe a considerare anche personalità diverse che non coincidono con la persona nella sua individualità.
Il fine per entrambi gli approcci, integrativo e integrato, è quello del primo paragrafo dell’Organon. Da molto tempo chi ha un approccio clinico totale, considera che la medicina sia una sola. Mio padre, Antonio Negro, usava un’espressione: ”due mani lavano il viso” che, ho trasformato, come si può leggere ad esempio, in Vivere come persona: “prescrivere per quell’individuo, in quel determinato momento, la terapia migliore per lui, qualunque essa sia”.
Da endocrinologo, in un Morbo di Hashimoto con un TSH molto elevato, ho il dovere, usando scienza e coscienza, di prescrivere la triiodotironina, curando poi le ragioni cliniche del TSH elevato che, essendo un ormone da stress posso cercare di ridurre affiancando il rimedio omeopatico opportuno, monitorando l’iter con indagini clinico strumentali, conservando la mentalità omeopatica di empatia verso il paziente, cercando di arrivare, se possibile, alla sospensione graduale della triiodotironina.
Questo è un esempio di medicina integrativa, nella mia specializzazione. Ovviamente ogni medico che agisce in scienza e coscienza, può utilizzare la metodologia che reputa più idonea, non dimenticando però che, prima è medico e poi omeopata. È importante conoscere il significato preciso delle parole. Integrato e integrativo non sono sinonimi.