BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XII • Numero 47 • Settembre 2023
La vita come un modello di energia molecolare che va dal livello fisico a quello chimico
Sebbene ci sembri che quando pensiamo alla fenomenologia che noi (umani abitanti delle visioni del mondo che si contendono la contemporaneità) chiamiamo “vita” vi sia un consenso circa i tratti che descriverebbero la sua rappresentazione icastica, basterebbe indagare il repertorio delle sue raffigurazioni a carattere scientifico e ci balzano agli occhi descrizioni perfino innovative. Si pensi soltanto agli ambiti della fisica, della chimica e della biologia per quanto riguarderebbe le descrizioni interpretative circa le origini. O, piuttosto, circa l’emergere della vita.
In effetti, stando all’euristica1 in materia, la chimica relativa all’emergere della vita sarebbe la chimica di composti organici ridotti e, quindi, tutte le teorie che cercherebbero di descrivere le origini della vita dovrebbero offrire ipotesi verificabili a spiegare la fonte di questi composti. Le migliori teorie note, anche in ambito accademico, sulle origini dei composti organici si baserebbero sulla nozione di una “zuppa biologica” che sarebbe stata generata sia da reazioni guidate da fulmini nell’atmosfera primordiale della Terra sia mediante consegna di sostanze organiche composte dallo spazio alla Terra. Queste teorie includono, ovviamente, l’ipotesi sulla fonte della vita ridotta al carbonio. Quando, però, nel 1977 un gruppo di geologi marini guidati da Jack Corliss2 scoprono l’ecosistema chemiosintetico circostante i camini idrotermali sottomarini lungo il rift delle Galápagos sulla dorsale del Pacifico Orientale, le ipotesi sulla fonte della vita ridotte al carbonio avrebbero iniziato a cambiare perché questi camini o bocche idrotermali avrebbero svelato un vasto e precedentemente sconosciuto dominio della chimica sulla Terra.3 Questo evento aprì le porte all’abiogenesi, vale a dire la teoria che cerca di descrivere le origini non biologiche della vita. Combinando conoscenze di biologia molecolare, paleontologia, astrobiologia e biochimica gli studiosi cercherebbero di individuare come l’organizzazione crescente di reazioni abiotiche in sistemi non viventi avrebbe portato all’emergere della vita sulla Terra.
Capire, o meglio, ideare, le origini della vita, da un punto di vista che mette insieme geologia, fisica, chimica e biologia, richiede uno spostamento concettuale, richiederebbe, in principio, pensare la vita quale un modello di energia molecolare. In proposito, stando alle conclusioni del pensiero e delle ricerche di Michael Russell,4 Wolfgang Nitschke5 ed Elbert Branscomb,6 pubblicate nel 2013 sotto il titolo The inevitable journey to being,7 la vita sarebbe, nei termini della teoria dell’evoluzione, la più complessa delle strutture dinamiche emergenti, macroscopicamente organizzate, che rompono la simmetria nell’Universo.8 I membri di questa serie a cascata di sistemi di conversione degli squilibri diventerebbero, nella loro interpretazione, sempre più complessi, cioè più chimici e meno fisici, poiché ogni sistema estrarrebbe, sfrutterebbe e generebbe livelli sempre più bassi di energia e risorse al servizio della generazione di entropia.9 Nella loro decifrazione,10 ciascuno di questi sistemi di conversione degli squilibri emergerebbe spontaneamente dall’ordine creato da un particolare sistema madre, mentre la potenziale figlia squilibrata verrebbe spinta oltre un punto critico. La serpentinizzazione esotermica11 della crosta oceanica sarebbe, a parer loro, il sistema madre della vita e, in tal senso, guiderebbe la convezione idrotermale alcalina e, quindi, la produzione spontanea di cumuli idrotermali sottomarini precipitati. Qui, nel loro giudizio, i due squilibri chimici che causerebbero direttamente l’emergere della vita sarebbero sorti spontaneamente attraverso le membrane dei minerali precipitati che separerebbero il mare Adeano12 acidulo, ricco di nitrati e ricco di CO2, dagli effluenti alcalini e ricchi di CH4/H2 generati dalla serpentinizzazione. Per completare la loro interpretazione, Russell e il suo gruppo aggiungono che sarebbero stati imposti gradienti redox essenziali, che coinvolgevano CH4 e H2 idrotermali come donatori di elettroni, CO2 e nitrati, nitriti e ferro ferrico dall’oceano ambientale, che avrebbero funzionato come il “motore di fissazione del carbonio” originale. Allo stesso tempo, aggiungono, un potenziale di pH (potenziale di idrogeno) o gradiente di concentrazione di protoni, post-punto critico13 espresso in mille, avrebbe guidato la condensazione dell’ortofosfato per produrre una valuta ad alta energia: il motore della pirofosfatasi.14
Questo precedente paragrafo, sintetizzato nel gergo specialistico, costituisce, in effetti, l’abstract della teoria15 di Russell, sviluppata assieme a Nitschke e Branscomb sull’emergere della vita, vale a dire su quel processo naturale con il quale la vita si sarebbe originata a partire da materia non vivente. La mia argomentazione è, però, divulgativa e coerente con le mie possibilità interpretative di semplice curatore alla ricerca di nuove intuizioni reinterpretative dei fenomeni per come essi si manifestano nella loro apparenza e che la nostra coscienza intensionale di soggetti chiama realtà. Di conseguenza, quest’esposizione è volta a reinterpretare oppure ricostruire le nostre nozioni circa quell’inquieto modo di essere, parafrasando Russell, e che noi reifichiamo come vita. A tal riguardo, ciò che propongo è un’esplorazione, quasi oscuramente poetica, delle intuizioni di questi ricercatori.16
Il giardino chimico di Russell
Quando si cerca di documentare la teoria di Russell sull’emergere della vita, nei termini dell’abiogenesi, ci si imbatte continuamente con il racconto del suo giardino chimico.17 In effetti, Michael Russell racconta di aver trovato il suo momento di ispirazione per la sua teoria in una calda serata primaverile a Glasgow nel 1983 quando suo figlio di 11 anni ruppe un giocattolo. Il giocattolo in questione sarebbe stato un giardino chimico, cioè un piccolo serbatoio di plastica in cui germogli, simili a stalagmiti, crescevano da cristalli semi18 posti in una soluzione minerale. Sebbene i piccoli cristalli apparissero solidi dall’esterno, quando si frantumarono rivelarono la loro vera natura: ognuno era in realtà una rete di tubi cavi, come fasci di minuscole cannucce da cocktail.19
A quel tempo, racconta Tim Requarth,20 Russell, un geologo, starebbe cercando di capire una roccia insolita che avrebbe trovato di recente. Anch’essa sarebbe stata una roccia solida all’esterno, ma all’interno sarebbe stata piena di tubi cavi, le cui pareti sottili sarebbero state crivellate di compartimenti microscopici. Allora gli sarebbe venuto in mente che tale roccia, come le formazioni nel giocattolo di suo figlio, avrebbe dovuto essersi formata in qualche tipo insolito di soluzione liquida.21 Allora Russell avrebbe ipotizzato un fenomeno geologico completamente nuovo per spiegarlo: punti caldi idrotermali sottomarini in cui l’acqua, ricca di minerali, uscirebbe dall’interno della Terra e poi precipiterebbe nell’acqua fresca circostante, creando giardini chimici di rocce alte e cave che crescerebbero dal fondo dell’oceano.22
Considerando l’euristica riguardo le interpretazioni sulle origini non biologiche della vita, l’ipotesi di Russell potrebbe essere ritenuta un salto intuitivo, ma la sua propria intuizione lo avrebbe presto portato a un pensiero ancora più singolare. Stando alla narrazione di Requarth, Russell avrebbe detto di aver avuto l’intuizione che la vita fosse emersa da quelle rocce, anche se rimaneva consapevole che lui stava solo pensando in un regno diverso, alla luce di quello che sapeva come geologo. Eppure, se in quanto geologo non si occupava di studiare l’origine della vita, gli sembrava così ovvio che essa potesse esser emersa dalle rocce marine.23
La prospettiva di prima l’energia nell’euristica dell’abiogenesi
Stando al parere di Requarth sull’evoluzione dell’ipotesi di Russell, ciò che sembrava ovvio a Russell era che i suoi ipotetici giardini chimici potessero risolvere uno dei rebus più profondi nell’interpretazione circa le origini della vita, vale a dire il problema energetico. Negli anni ’80, come oggi, molte delle principali teorie sulle origini della vita avevano le loro radici nella speculazione di Charles Darwin di un piccolo stagno caldo, in cui la materia inanimata, energizzata dal calore, dalla luce solare o dai fulmini, avrebbe formato molecole complesse che alla fine avrebbero iniziato a riprodursi. Per decenni, la maggior parte delle ricerche sulle origini della vita si sarebbe concentrata su come fosse potuta sorgere una tale chimica autoreplicante. Nel pensiero di Russell e del suo gruppo,24 la ricerca sull’emergere della vita avrebbe ignorato, in gran parte, l’altra domanda chiave, come i primi organismi viventi avrebbero ottenuto l’energia per crescere, riprodursi ed evolversi verso una maggiore complessità.
In effetti, nella visione di Russell, l’emergere della vita e la fonte dell’energia di cui avrebbe avuto bisogno costituivano un unico problema, le due parti inestricabilmente intrecciate. Come geologo era arrivato al problema con una prospettiva molto diversa dai suoi colleghi Nitschke e Branscomb, istruiti in biologia. I cosiddetti giardini chimici sottomarini, Russell si sarebbe reso conto, avrebbero fornito un flusso abbondante di materia ed energia nello stesso luogo, costituendo un ambiente favorevole per reazioni autoreplicanti e anche un pranzo gratuito per “gli organismi” alle prime armi.25 Effettivamente, come segnala Requarth,26 avrebbe a lungo turbato i ricercatori che l’emergere della vita sembrasse basarsi su eventi chimici, altamente improbabili, che avrebbero portato verso una maggiore complessità. Considerando prima l’energia, Russell si era convinto di poter affrontare la questione dell’energia nell’interpretazione dell’emergere della vita organica. A suo avviso, l’emergere della complessità biologica non sarebbe stato improbabile ma inevitabile.27
Come riconoscono Nick Lane, William Martin, John Raven & John Allen, in Energy, genes and evolution,28 per quasi tre decenni, dagli anni ’80 ad oggi, la prospettiva di prima l’energia [energy-first perspective] di Russell sarebbe stata per lo più accolta con scetticismo. Agli inizi del 2010 gli atteggiamenti avrebbero cominciato a cambiare perché recenti scoperte in geologia, genomica e biologia molecolare avrebbero fornito un nuovo credito per l’ipotesi di Russell e, con quel cambiamento, sarebbe arrivata una nuova prospettiva sulla definizione della vita. Russell avrebbe contestualizzato l’emergere della vita come un processo radicato negli stessi principi che governano l’emergere di galassie, pianeti e perfino i tornado. La vita, stando a Russell, non sarebbe un avvenimento bizzarro ma una parte unificata di una vasta narrazione fisica. Essa sarebbe soltanto un’altra parte del continuum del flusso di energia nell’Universo in espansione.29
Allargando l’euristica circa le origini della vita, a partire della prospettiva di Russell di considerare come primo fenomeno l’energia, Lane, Martin, Raven e Allen30 suggeriscono che, sebbene non rimanga alcuna “prova diretta” della prima apparizione della vita su questo pianeta, nascosta nei nostri geni e nella biochimica ci sarebbe la storia dell’emergere della vita. La condivisa elaborazione di un modello della struttura del DNA nel 1953 e la successiva ascesa della biologia molecolare avrebbero fornito agli studiosi una lente d’ingrandimento con cui poter iniziare a leggere quella storia. Tutte le prove, stando a loro,31 indicherebbero un unico antenato comune, un organismo che sarebbe riuscito a sopravvivere e moltiplicarsi sull’infernale Terra primordiale circa 3,5 miliardi di anni fa. Da questo organismo sarebbe germogliato l’intero albero della vita.32
L’euristica circa l’emergere della vita si concentra sulla ricerca dell’origine di una molecola ancestrale al DNA: l’ipotesi del mondo RNA
Seguendo la narrativa storica di Requarth33 in materia, con l’attenzione sul DNA negli anni ’50 sarebbe arrivata una corrispondente fissazione sulla chimica che avrebbe potuto portare a entità autoreplicanti, piuttosto che sull’energia necessaria per generarle. E così che la ricerca circa gli origini della vita sarebbe diventata, in gran parte, una ricerca dell’origine di una molecola ancestrale al DNA. Negli anni ’60, i ricercatori avrebbero iniziato a convergere su una plausibile sequenza di eventi. Secondo questa storia, la vita sarebbe iniziata in un “mondo RNA”, in cui l’acido ribonucleico (RiboNucleic Acid)34, un composto chimico, per così dire, cugino del DNA, immagazzinava informazioni genetiche e aiutava la vita primigenia ad eseguire le reazioni chimiche di cui aveva bisogno per sopravvivere. La documentazione circa la capacità dell’RNA di conservare le informazioni sarebbe già stata ben consolidata. Come sottolineano Neveu, Kim & Benner, in The “strong” RNA world hypothesis: fifty years old“, l’ipotesi del mondo RNA35 avrebbe ricevuto un notevole impulso nel 1978, con la scoperta che l’RNA potesse, infatti, effettuare reazioni chimiche da solo, senza proteine o altri aiuti molecolari. In breve, le molecole di RNA sembravano costituire un ordinato sistema chimico in grado di auto-costruirsi e replicarsi.36
Da lì, avrebbero ipotizzato i ricercatori, l’RNA sarebbe stato incapsulato in bolle di lipidi, le stesse molecole oleose che compongono le membrane delle cellule moderne. Poiché le bolle lipidiche possono naturalmente crescere e dividersi, i migliori replicatori di RNA persisterebbero e prolifererebbero. Alla fine, alcune di queste entità primitive si sarebbero imbattute per caso nella capacità di codificare proteine semplici, che avrebbero poi permesso lo sviluppo di percorsi metabolici per catturare energia dall’ambiente. Alla fine, l’archiviazione delle informazioni genetiche sarebbe stata trasferita al DNA e sarebbe emersa la vita come la intendiamo o conosciamo oggi.37
La chemiosmosi nell’euristica circa l’emergere della vita
All’interno degli organismi moderni ci sarebbe un altro indizio sulle origini della vita, più oscuro del DNA ma altrettanto universale, esso sarebbe il modo in cui le cellule raccolgono energia spostandosi attorno a molecole caricate elettricamente. Questo processo va sotto il nome di “chemiosmosi”38 e fu proposto per la prima volta nel 1961 dal biochimico Peter Mitchell. La chemiosmosi mancherebbe del rigore codificato del DNA, ma quel disordine primordiale potrebbe essere, stando al resoconto di Requarth, esattamente ciò che la rende così rivelatrice.39
In ogni modo, l’energia, nel pensiero di Russell, dovrebbe aver preceduto qualsiasi cosa avesse potuto assomigliare il DNA o l’RNA, di conseguenza, nel suo ragionamento l’origine della chemiosmosi potrebbe aiutare a rivelare come siano nati i primi organismi. Stando alla documentazione in materia, la chemiosmosi avviene in profondità nelle cellule del nostro corpo, la maggior parte delle quali ospita centinaia o migliaia di strutture microscopiche chiamate mitocondri. I mitocondri estraggono l’energia chimica dal cibo e, con l’aiuto dell’ossigeno che respiriamo, la convertono in una molecola chiamata adenosina trifosfato (ATP). Proprio come la struttura del DNA, che dal punto di vista chimico costituisce un polimero organico a doppia catena e che contiene le informazioni geniche necessarie alla formazione e omeostasi degli organismi viventi, l’ATP sarebbe la molecola della vita in quanto molecola fondamentale per il metabolismo energetico. Essa sarebbe la valuta che spendiamo per crescere, muoverci o pensare. Ogni secondo, ciascuno dei 40 trilioni di cellule del nostro corpo utilizzerebbe circa 10 milioni di molecole di ATP. Possiamo trasformare il nostro intero peso corporeo in questa sostanza speciale ogni giorno.40 In effetti, nonostante tutti i processi anabolici procedano, direttamente o indirettamente, a spese dell’ATP, i tessuti contengono una quantità modesta di ATP, che deve essere continuamente riformata attraverso i meccanismi di sintesi, particolarmente rilevanti, fra questi, la fosforilazione ossidativa nella catena respiratoria.
Stando alle descrizioni degli studiosi,41 il flusso di energia attraverso le membrane dei mitocondri avviene attraverso un meccanismo molecolare talmente complesso, pur eseguendo operazioni semplici, da sfidare quasi la comprensione. Seguendo la letteratura in materia, tale meccanismo si potrebbe descrivere in questo modo: una catena di dozzine di proteine, ciascuna composta da migliaia di atomi, intrappola elettroni ad alta energia (derivati dal cibo) e li trasmette lungo una catena come in una catena di montaggio, cioè di cooperazione. Il movimento degli elettroni attraverso le proteine nella catena crea una corrente elettrica che viene utilizzata per intrappolare un numero enorme di protoni tra le membrane interna ed esterna del mitocondrio. L’unica via di fuga per i protoni sarebbe attraverso un’altra notevole proteina chiamata ATP sintasi. Questo enzima può essere descritto come una nanomacchina completa di rotore molecolare, statore e albero motore, che, mentre i protoni vi cadono attraverso, gira come una ruota idraulica, centinaia di volte al secondo, per produrre ATP.
Secondo l’interpretazione di Requarth42 fondata sull’euristica in materia, nessuna teoria circa le origini della vita incentrata sulla replicazione avrebbe ancora fornito una buona spiegazione per l’origine parallela dell’elaborato meccanismo della chemiosmosi. Ma Russell43 avrebbe sostenuto che i suoi giardini chimici fossero un ambiente naturale per l’emergere di molecole che raccoglierebbero un gradiente di protoni per produrre energia.44 Nella sua speculazione Russell considerava che l’antico oceano terrestre fosse probabilmente acido, il che significherebbe che aveva un’alta concentrazione di protoni. L’acqua che gorgoglia attraverso le bocche d’aria idrotermali, al contrario, sarebbe normalmente alcalina, il che significherebbe che avrebbe meno protoni. Questa differenza avrebbe creato una cascata naturale di protoni che si sarebbe riversata dall’oceano nelle rocce mentre i minuscoli protoni filtravano attraverso il labirinto minerale.45
L’energia del gradiente protonico, secondo Russell, avrebbe consentito reazioni semplici collegando il trasferimento di elettroni al flusso di protoni.46 Quindi, con l’evoluzione delle proteine, alcune cellule avrebbero iniziato a sfruttare il flusso di protoni con una versione primitiva dell’ATP sintasi. I dati genomici supporterebbero oggi questa sequenza di eventi. La molecola di ATP sintasi sarebbe simile in ogni organismo sulla Terra ma la catena proteica utilizzata per intrappolare i protoni non lo sarebbe.47 Tale disparità implicherebbe che i primi organismi si siano evoluti per sfruttare un gradiente protonico esistente prima di sviluppare i mezzi per crearne uno da soli. I giardini chimici di Russell avrebbero potuto fornire un’intuizione per il modello di un tale gradiente, così gli organismi successivi avrebbero potuto sviluppare proteine che potevano produrre una propria variazione, cancellando nel processo l’ovvia evidenza del nostro luogo di origine.48
Sebbene, a giudizio di Requarth,49 la teoria di Russell languisse in gran parte ai margini della scienza, essa avrebbe attirato l’attenzione del botanico e microbiologo interessato alla chimica William Martin, Direttore dell’Institut für Molekulare Evolution, Heinrich Heine Universität, Düsseldorf. Dal suo punto di vista di Martin, come biologo evoluzionista, aveva perfettamente senso che la chemiosmosi fosse venuta prima dell’RNA. In effetti, Martin e Russell sostengono nel loro paper On the Origin of Cells: A Hypothesis for the Evolutionary Transitions from Abiotic Geochemistry to Chemoautotrophic Prokaryotes, and from Prokaryotes to Nucleated Cells 50 che quando si guarda un gruppo di organismi, in questo caso tutta la vita come la conosciamo, ci sarebbe una proprietà presente in tutte le forme, proprietà che potrebbe essere collocata come l’antenato comune. Tale proprietà comune, loro sostengono, sfrutta un gradiente ionico.51
Nel loro paper52 risalente al 2003, Russell e Martin esplorano le implicazioni biologiche dello scenario del giardino chimico, cioè delle bocche d’aria idrotermali sottomarine. Nella loro versione dell’ipotesi, la vita non sarebbe iniziata come un organismo in libertà, che si nutriva di molecole organiche naturali alla deriva nell’oceano, ma come un inquilino che si procurava il cibo nei compartimenti minerali delle rocce sottomarine. All’inizio, le bocche d’aria oceaniche sarebbero state semplicemente siti geologici, in cui gas e minerali disciolti gorgogliavano per formare rocce. Ma, nella loro interpretazione, nei micro-compartimenti di quelle rocce sarebbe cominciato ad accadere qualcosa di insolito. L’anidride carbonica nell’oceano avrebbe reagito con l’idrogeno delle bocche d’aria. In condizioni tipiche questa reazione non si verificherebbe ma i minerali nelle pareti del compartimento, ricchi di ferro e zolfo, avrebbero portato a questa collaborazione. Queste reazioni avrebbero creato piccole molecole organiche come l’acetil-CoA,53 una delle vie metaboliche più antiche mai descritta.54
La termoforesi o gradiente di temperatura nell’aggregazione dei blocchi molecolari nell’euristica circa le origini della vita
Come riporta Requarth nel suo saggio Our chemical Eden55 l’ipotesi del giardino chimico di Russell ampliata da Martin avrebbe affrontato un’altra domanda chiave nell’elaborazione di un modello più articolato circa l’emergere di ciò che chiamiamo vita organica. Questa domanda sarebbe quella afferente a come i blocchi molecolari si sarebbero concentrati abbastanza da reagire e collegarsi tra loro. Russell aveva congetturato che ciò sarebbe stato possibile per l’azione di un gradiente (variazione) di temperatura attraverso le rocce oceaniche fresche all’esterno e calde all’interno. Tale gradiente avrebbe promosso un processo convettivo chiamato termoforesi,56 che intrappolando molecole organiche più grandi nei compartimenti avrebbe favorito la formazione di zuccheri, amminoacidi, lipidi e nucleotidi, vale a dire i mattoni della vita. All’intensa temperatura e pressione del mare profondo, questi elementi costitutivi avrebbero iniziato certamente a collegarsi, formando molecole più grandi e complesse.57
Secondo Russell e Martin, sarebbe stato solo allora che gli elementi genetici avrebbero iniziato a formarsi attraverso lo sfruttamento di una fornitura concentrata di molecole organiche complesse.58 I sistemi chimici autoreplicanti potrebbero essersi diffusi da un compartimento roccioso all’altro passando attraverso i micro-pori. E poiché le rocce porose avrebbero costantemente formato nuovi compartimenti, ciò avrebbe permesso la colonizzazione di ampi territori. Seguendo il ragionamento di Martin e Russell, da lì sarebbero emerse le prime cellule.59 Dalla prospettiva di Russell, questa sarebbe l’unica spiegazione logica: interpretare l’emergere della vita come una questione geologica.
L’accreditamento dell’ipotesi di Russell nell’euristica circa l’emergere della vita biotica
Dalla prospettiva dell’attività cosiddetta scientifica, l’enorme problema con la spiegazione ingegnosa di Russell circa l’emergere della vita era che i giardini chimici (i suoi presunti crogioli di vita, utilizzando un vocabolo che rimanda all’alchimia) sembravano esistere solo nella sua immaginazione e non risultavano osservabili nella realtà. Al riguardo, però, strutture minerali del fondo oceanico di un tipo in qualche modo simile ai modelli di Russell erano state scoperte nel 1977, quasi quindici anni prima della sua intuizione, lungo il cosiddetto Rift delle Galapágos60 e avevano persino suscitato qualche discussione come possibile sito per l’emergere della vita. L’idea, comunque, sarebbe stata rapidamente respinta a causa del loro violento vulcanismo e della loro breve durata. Stanley Miller, all’epoca ritenuto da molti il più eminente ricercatore sulle origini della vita, avrebbe detto alla rivista Discover nel 1992 che la cosiddetta teoria di Russell circa lo sfiato idrotermale era un vero perdente. Ma, nonostante che le ipotesi sulla fonte della vita ridotte al carbonio avessero iniziato a cambiare in quanto i camini idrotermali del Rift delle Galápagos avrebbero, in ogni caso, svelato un vasto e precedentemente sconosciuto dominio della chimica sulle origini della vita nella Terra, le controversie accademica e dei gruppi di interessi in retroscena non avrebbero, però, accreditato i modelli di Russell.
Nell’inverno del 2000, un team di geologi61 avrebbe calato il veicolo telecomandato Argo II nelle calme acque dell’Atlantico per osservare una catena montuosa sottomarina.62 Scese, stando alla fonte di questa descrizione,63 oltre i coralli a spirale e le nuvole di krill, oltre la zona fotica in cui il bagliore ambientale del Sole si diffonde nell’oscurità, oltre il segno di mezzo miglio sul misuratore di profondità. All’improvviso, le luci del veicolo avrebbero illuminato qualcosa di assolutamente inaspettato: un gruppo di pinnacoli che si alzavano dal fondo dell’oceano, alti come edifici di 20 piani. Scintillanti pennacchi di acqua riscaldata si alzavano dalle loro cime come fumo dai camini. Questo strano paesaggio si sarebbe rivelato ospitare un ecosistema esotico di lumache, granchi, vermi e molluschi, sostenuto da microbi che convertirebbero gli elementi grezzi dall’interno della Terra in vita senza alcun aiuto da parte del Sole. Questo campo di camini idrotermali, soprannominato Lost City,64 si conformava, quasi esattamente, alle previsioni di Russell del 1983. I suoi cosiddetti giardini chimici, finalmente, avrebbero trovato riscontro.65
Stando alla storia di questa congettura, anziché ipotesi dal punto di vista del metodo scientifico, analizzando questi ambienti estremi, queste fumarole di solfuri a 360°C ricorderebbero la nozione della Terra Primordiale. Questa scoperta avrebbe avuto un impatto immediato sulle teorie circa le origini della vita perché le fumarole stabiliscono ambienti chimicamente reattivi che costituirebbero condizioni adatte per sintesi prebiotiche. Le prese o bocche d’aria idrotermali sarebbero state scoperte in quasi tutti i fondali marini. Con l’aggiunta di queste conoscenze, nell’opinione di Martin, Baross, Kelley e Russell,66 si poteva accreditare come plausibile l’ipotesi che proponeva la vita ad alta temperatura fosse venuta prima e che gli organismi di superficie, adattati a temperature più modeste, si fossero evoluti in seguito.
Nei successivi 15 anni a partire del 2000 si sarebbero accumulati più dati a sostegno delle origini della vita in un, per così dire, orto chimico. In un grande cambiamento, la maggior parte dei ricercatori in materia si sarebbe convinta che l’antenato universale della vita fosse un autotrofo, nel senso che si sarebbe ricavato il proprio cibo dalla materia inorganica, proprio come avevano congetturato Russell e Martin. Al riguardo, stando a quanto riferito da Requarth,67 uno studio genomico del 2015 avrebbe fornito le prove più convincenti fino a quel momento. Un’analisi di quasi 40 geni, condotto da Nicole Buan, avrebbe fortemente suggerito che i microbi più antichi generassero metano dall’anidride carbonica e dall’idrogeno.68 Questa analisi combacerebbe con il lavoro geologico che mostra che il metano formato da processi biologici sarebbe il primo composto organico trovato nelle rocce antiche.69
Altri dati supporterebbero l’inizio caldo e roccioso per il primo organismo. Per decenni, la maggior parte dei biologi avrebbe pensato, come propone Kartik Aiyer,70 che la vita potesse sopravvivere solo nelle bande di temperatura relativamente ristrette della superficie terrestre. Verso il 2000, si erano accumulate prove del fatto che la maggior parte degli organismi appollaiati sui primi rami evolutivi della vita sarebbero stati in realtà amanti del calore.71 In effetti, oggi si ritiene come plausibile l’ipotesi che la vita ad alta temperatura fosse nata prima e che gli organismi di superficie, adattati a temperature più modeste, si siano, concretamente, evoluti in seguito. Inoltre, alcune delle poche proteine condivise da tutti gli esseri viventi, dai microbi ai mammiferi, contengono minuscoli ammassi di minerali al loro interno, il che implica che i primi anni di vita avevano un rapporto intimo con le rocce. Le idee di Russell sulla vita guidata dall’energia che emerge da un bozzolo minerale non sembrano più così iconoclaste, come eloquentemente puntualizza Tim Requarth.72
Ci sarebbero ancora altre speculazioni circa l’abiogenesi o origini non biologiche della vita che porterebbero a pensare che la vita, come intesa dall’odierna società secolarizzata, abbia potuto aver origine in un ambiente simile ai cosiddetti giardini chimici sottomarini. A prima vista, la vita sembrerebbe sfidare le leggi descrittive dei fenomeni fornite dalla fisica, per cui studiosi come Martin e Russell considerano che la tendenza dell’espansione dell’Universo sarebbe di progredire dall’ordine al disordine. Da questa prospettiva, gli spazi o i sistemi diventano disordinati. Questo disordine, noto come entropia,73 è stato formalizzato nel Secondo Principio della Termodinamica, postulando che qualsiasi processo debba aumentare l’entropia complessiva dell’Universo. Portata alla sua logica conclusione, la descrizione fornita dal Secondo Principio imporrebbe che quando tutta la materia e l’energia siano distribuite in modo totalmente uniforme, nulla può mai più accadere.
Tuttavia, la fenomenologia della vita si esprimerebbe ugualmente in una sorta di ribellione contro l’entropia. Il fisico Erwin Schrödinger,74 riconobbe questa apparente violazione della Seconda Legge e sosteneva che la vita avesse trovato un modo per sfruttare l’energia e per diminuire l’entropia a livello locale, aumentandola a livello globale. Questa diminuzione locale, utilizzando il suo esempio, sarebbe analoga all’interno di un frigorifero che utilizza l’elettricità per raffreddarsi, rilasciando una maggiore quantità di calore dalle sue spire nella parte posteriore. La vita, nella sua interpretazione, sarebbe simile: userebbe l’energia per organizzarsi localmente, rilasciando una grande quantità di rifiuti sotto forma di calore nel processo. Schrödinger avrebbe sottolineato che la vita sopravvive risucchiando continuamente l’ordine dall’ambiente. Pensare alla vita in questo modo, in termini di un ordine che nasce dal disordine oppure lo genera, la fa paragonabile ad un caso, cosa che scomoda molto i nostri ragionamenti causali.
In proposito Russell vede le cose in modo alquanto diverso. L’emergere della vita non sarebbe tanto un problema di grandezza di ordine o di disordine. Per Russell, l’ordine geologico sarebbe venuto prima, e la domanda rilevante sarebbe quella relativa a come emerse la complessità biologica dalla complessità geologica. Robert Hazen, geologo e astrobiologo, considera quest’intuizione uno dei maggiori contributi di Russell alla biologia evolutiva: l’origine della vita, l’origine della complessità, non potrebbe verificarsi senza un ambiente relativamente complesso.75
Stando a Requarth,76 il modello basato sull’energia di Russell aiuterebbe a spiegare da dove potrebbe provenire quella complessità. Quasi un secolo fa, alcuni studiosi iniziarono a intuire che sistemi non viventi avrebbero potuto comportarsi come auto-organizzatori risucchiando l’ordine dal loro ambiente. Questa nozione sarebbe stata formalizzata negli anni ’60 dal chimico russo Ilya Prigogine, che chiamò strutture dissipative tali sistemi auto-organizzanti.77 Tali strutture sarebbero facili da individuare: basterebbe staccare il tappo in una vasca da bagno e osservare la forma di un vortice. Spinte dalla gravità, le molecole d’acqua vorticano, spontaneamente, in uno schema più ordinato rispetto alla loro precedente raccolta casuale. Facendo drenare l’acqua più rapidamente, il vortice aumenterebbe l’entropia globale creando una struttura locale a bassa entropia. Se la vasca venisse continuamente riempita alla stessa velocità, ad esempio, facendo scorrere la doccia, il vortice persisterebbe indefinitamente.
Nell’ultimo mezzo secolo, stando a quanto riferisce Requarth,78 la ricerca sulle origini della vita, specificamente circa l’abiogenesi, sarebbe stata dominata da studiosi che avrebbero privilegiato la chimica, trascurando il problema dell’energia come principale questione da risolvere. Questa prospettiva, considera Requarth, derivava in parte da un esperimento seminale nel 1953 condotto dal biochimico Stanley Miller,79 allora studente presso l’Università di Chicago. Miller avrebbe collegato due boccette tonde, una contenente acqua per replicare gli antichi oceani della Terra, l’altra contenente una miscela di gas semplici che si pensava si trovasse nell’atmosfera primordiale. Miller avrebbe inviato scintille di elettricità all’interno del vetro per simulare una tempesta di fulmini in miniatura. Nel corso di una settimana, il liquido sarebbe diventato giallastro, poi rosa e infine rosso intenso. All’interno della fiaschetta avrebbe trovato una ricca miscela di composti organici, compresi gli amminoacidi. Nell’interpretazione di Requarth, Miller avrebbe solidificato l’aria nei mattoni della vita.
Tanti altri studiosi avrebbero ricercato, come Miller, di produrre, a livello sperimentale, le sostanze chimiche che avrebbero attuato una certa nozione di vita. Stando a Requarth i ricercatori che studiano la complessità sembrerebbero concordare sul fatto che le fonti di energia primaria in questi esperimenti, siano esse fulmini o radiazioni ultraviolette, siano troppo irregolari o troppo distruttive per creare biomolecole complesse. I gradienti presenti negli orti chimici di Russell, invece, sembrerebbero giusti. Al riguardo, Éric Karsenti80 avrebbe espresso che il motivo per cui gli piace l’idea dei camini idrotermali sottomarini, cioè dei cosiddetti giardini oppure orti chimici, sarebbe perché in questi luoghi si ottengono gradienti di potenziale energetico e chimici molto chiari. Infatti, Éric Karsenti, che studia l’autorganizzazione nei sistemi biologici presso il Laboratorio europeo di biologia molecolare di Heidelberg, sostiene che i gradienti generano complessità. Dal suo punto di vista, senza gradienti energetici, anche se tutti gli “ingredienti” giusti sono nel posto giusto per un mondo di RNA, la vita non potrebbe semplicemente apparire.81 Dalla sua prospettiva di studioso dell’auto-organizzazione dei sistemi biologici, l’implicazione sarebbe che senza i gradienti i sistemi di informazione biologica, vale a dire i codici necessari per la riproduzione della vita, non potrebbero semplicemente organizzarsi. Nella sua interpretazione, la chiave per l’inizio dei sistemi viventi sarebbe quella di generare questo sistema di conformazione di accumulo di energia e utilizzare lo stesso meccanismo energetico per costruire l’immagazzinamento di informazioni attraverso DNA e RNA.82 Perciò anche Karsenti sostiene che l’energia sia venuta prima quando si cerca di simulare le origini della vita.
In qualsiasi teoria circa gli origini della vita ciò che potrebbe aver costituito un fatto sarebbe qualcosa in qualche modo cancellato o nascosto da miliardi di anni di storia evolutiva, ma l’attenzione di Russell sul flusso di energia trasformerebbe quell’ostacolo in qualcosa di quasi poeticamente oscuro. Stando a Russell anziché di pensare in termini delle origini si dovrebbe pensare in termini dell’emergenza della vita. Se si pensa alla vita in termini di energia, sostiene Russell, allora l’emergenza della vita si ricollega alla fonte stessa del flusso di energia, al Big Bang stesso. In quel momento l’Universo si sarebbe trovato in uno stress termodinamico quasi infinito83 e l’evoluzione del cosmo sarebbe stata spinta dalla dissipazione di quello stress. Paradossalmente, il modo più efficace per liberarsi dallo stress, per avanzare dall’ordine al disordine, sarebbe creare sistemi transitori ma ordinati, simili al vortice nella vasca da bagno o al tornado in una tempesta. Tutto l’ordine nell’Universo, conclusero Russell e i suoi colleghi, presumibilmente nasce da questo paradosso.84
La vita, come la interpretiamo oggi, nella visione di Russell, Nitschke e Branscomb,85 sarebbe una di queste oasi di ordine. Dopo il Big Bang, l’Universo avrebbe potuto, in linea di principio, espandersi in una distribuzione uniforme di materia ed energia ma, se così fosse avvenuto, stando a loro, non sarebbe mai potuto accadere nulla e nulla, inclusa la vita che esperiamo oggi, avrebbe mai potuto emergere. In base alla teoria di Russell, Nitschke e Branscomb, sarebbe invece successo qualcosa. Le fluttuazioni quantistiche nella struttura dello spazio, forse, interruppero la distribuzione equilibrata di materia ed energia e messero in moto un accumulo cosmico di strutture e organizzazioni. Particelle raggruppate insieme; minime differenze nei campi gravitazionali avrebbero attirato altre particelle; presto, conformemente alla loro spiegazione, ci furono regioni di materia vincolate dalla gravità ed enormi distese di spazio relativamente vuoto.86
Proseguendo con la loro descrizione, parte di quella materia sarebbe collassata e sarebbero emerse le stelle. Dischi di gas e polvere attorno a quelle stelle si sarebbero accumulati in pianeti con nuclei fusi, incessanti spostamenti tettonici e attività vulcanica torbida.87 La convezione idrotermale sarebbe emersa da questo squilibrio, guidando la serpentinizzazione, il processo mineralogico che forma le strutture di sfiato idrotermale, vale a dire i cosiddetti i giardini chimici di Russell. Almeno sul pianeta Terra, quelle torri minerali sottomarine avrebbero incanalato lo squilibrio della geologia del pianeta nella chimica e complessi sistemi proto-metabolici, alla fine, avrebbero configurato quelle strutture e sistemi che portarono all’emergere della vita come oggi l’interpretiamo. In questa prospettiva, l’emergere della vita non sarebbe affatto un’origine ma solo un altro passo in una sequenza di eventi messi in moto dal Big Bang.
Pensare alla vita in termini di energia sfida la definizione stessa di vita. Questo loro paradigma interpretativo circa l’emergere della vita avrebbe portato Russell a sintetizzare, icasticamente, il suo pensiero segnalandoci che la questione non sarebbe quello che la vita è ma quello che la vita fa.88 Infatti, essa, dopotutto, sostituisci ogni atomo nel nostro corpo, in media, ogni pochi anni. In questa prospettiva, la vita non andrebbe pensata tanto come una cosa quanto come un modo di essere, un irrequieto attacco di distruzione e creazione.89 La vita apparterrebbe a quella classe di sistemi aperti al flusso di energia, osserva Russell, e pensare alla vita in questo modo ridefinisce ciò che essa sia. Nella visione di Russell, se potesse essere definita, la nozione sarebbe questa: la vita potrebbe essere descritta come un flusso autosufficiente, altamente organizzato, un modo naturale in cui materia ed energia si esprimono in determinate condizioni.90 La concezione di Russell della nostra specie, insieme a ogni altro essere vivente, come semplici schemi energetici, nati, in ultima analisi, da fluttuazioni birbanti nell’infanzia dell’Universo, potrebbe farci sentire un po’ meno speciali. Inoltre, potrebbe anche farci sentire un po’ meno soli. Russell, in definitiva ci propone di pensarci come discendenti di un lignaggio energetico ininterrotto dall’alba dei tempi.91
______________Note _________________
1 Nell’ambito di una scienza, la metodologia di ricerca di fatti o spiegazioni, ovvero di fonti e documenti, preliminari allo studio specifico.
2 Corliss JB, Dymond J, Gordon LI, Edmond JM, von Herzen RP, Ballard RD, Green K, Williams D, Bainbridge A, Crane K, van Andel TH. Submarine thermal springs on the Galápagos rift. Science, 203(4385):1073-83. Mar 16, 1979
3 L’attività idrotermale sottomarina sopra e vicino al Galápagos Rift è stata esplorata con l’aiuto del sommergibile Alvin. Le analisi dei campioni d’acqua provenienti dalle bocche idrotermali avrebbero rivelato che l’attività idrotermale fornirebbe fonti e pozzi significativi o dominanti per diversi componenti dell’acqua di mare. Studi sul trasferimento di calore conduttivo e convettivo suggerirebbero che i due terzi del calore perso dalla nuova litosfera oceanica al Galápagos Rift nel periodo del primo milione di anni potrebbe essere sfogati dalle sorgenti termali, prevalentemente lungo la dorsale assiale all’interno della fossa tettonica. Le aree di ventilazione sarebbero popolate da comunità animali. È stato ipotizzato che utilizzino la chemiosintesi dei batteri che ossidano lo zolfo per derivare il loro intero approvvigionamento energetico dalle reazioni tra l’acqua di mare e le rocce ad alte temperature, piuttosto che dalla fotosintesi.
4 Michael Russell è un geologo che lavora sull’origine della vita. Russell è l’ideatore della teoria secondo cui la vita è emersa dalle bocche idrotermali dei sottomarini alcalini. Lavora al California Institute of Technology nel Jet Propulsion Laboratory.
5 Wolfgang Nitschke è ricercatore ai Laborratoire de Bioénergétique et Ingénierie des Protéines al French National Centre for Scientific Research (CNRS)
6 Elbert Branscomb lavora presso l’Institute for Genomic Biology, University of Illinois, Urbana-Champaign. Elbert fa ricerche in termodinamica biochimica e l’emergenza della vita. La sua pubblicazione più recente è una monografia sullo spessore benefico dell’acqua’.
7 Russell MJ, Nitschke W, Branscomb E. The inevitably journey to being. Philosophical Transactions of Royal Society B, 368 (1622): 20120254, July 2013
8 Dal punto di vista del ramo della scienza che si occupa delle proprietà dell’energia e del modo in cui viene ridistribuita nei processi fisici, chimici o biologici, la vita risulterebbe dallo sfruttamento dell’energia chimica, in modo tale che il dispositivo di sfruttamento dell’energia crei una copia di sé stesso. Se non ci fosse alcuna energia, non ci sarebbe nessuna evoluzione. La “sintesi moderna” del secolo scorso avrebbe spiegato l’evoluzione in termini di geni, ma questa sarebbe solo una parte della storia. Sebbene i meccanismi della selezione naturale siano corretti e sempre più ben compresi, farebbero ben poco per spiegare le effettive traiettorie prese dalla vita sulla Terra. Da una prospettiva cosmica una visione dell’evoluzione basata sui geni non direbbe quasi nulla. Irresistibili cambiamenti geologici e ambientali avrebbero influenzato eucarioti e procarioti in modi molto diversi, che non si riferirebbero a geni o nicchie specifici. Questioni come l’emergenza precoce della vita, i vincoli morfologici e genomici sui procarioti, l’origine singolare degli eucarioti e i tratti unici e sconcertanti condivisi da tutti gli eucarioti ma non trovati in nessun procariote, sarebbero invece illuminati dalla bioenergetica. Se niente in biologia avrebbe senso se non alla luce dell’evoluzione, niente in evoluzione avrebbe senso se non alla luce dell’energetica.
9 L’entropia è, in meccanica statistica, una grandezza che viene interpretata come una misura del disordine presente in un sistema fisico qualsiasi, incluso, come caso limite, l’Universo.
10 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 2013
11 Serpentinizzazione: processo geologico di metamorfismo a bassa temperatura che coinvolge calore ed acqua nel quale le rocce mafiche ed ultramafiche a basso contenuto di silice vengono ossidate (ossidazione anaerobica del Fe2+ da parte dei protoni dell’acqua producendo H2) e idrolizzate con l’acqua in serpentinite. Il peridoto, inclusa la dunite sul fondo marino e nelle catene montuose vengono convertiti in serpentino, brucite, magnetite ed altri minerali – alcuni rari come l’awaruite (Ni3Fe) ed anche il ferro nativo. Durante il processo vengono assorbite dalla roccia grandi quantità d’acqua che ne causano l’aumento di volume e la distruzione della struttura.
12 È l’eone che rappresenta la prima suddivisione del tempo geologico nella storia del nostro pianeta. Ebbe inizio circa 4 600 milioni di anni fa (Ma) e terminò circa 4 000 Ma con il passaggio al successivo eone Archeano. La Commissione Internazionale di Stratigrafia lo considera tuttora un periodo informale e non è caratterizzato da un limite preciso per il suo inizio. L’Adeano appartiene al Precambriano, un’unità geocronologica informale. Questo eone venne definito per la prima volta dal geologo Preston Cloud nel 1972 allo scopo di dare un nome al periodo antecedente alla formazione delle rocce più antiche sulla Terra.
13 In fisica e chimica, un punto critico di una sostanza è l’insieme di particolari condizioni di massima temperatura e massima pressione (dette temperatura critica o pressione critica) in corrispondenza delle quali una sostanza può esistere come miscela bifase gas-liquido.
14 La pirofosfatasi inorganica è un enzima che catalizza l’idrolisi di una molecola di pirofosfato in due molecole di ortofosfato; la reazione è fortemente esoergonica, l’energia liberata è pari a ΔG° = -19,2 KJ/mol e non è quindi reversibile.
15 Teorizza che la fotosintesi ossigenata, agendo sui depositi di solfuro di ferro nelle prese d’aria vulcaniche e oceaniche, abbia permesso la formazione dei precursori delle proteine e dell’RNA. Lo studio del Dr. Russell sui depositi minerali di 360 milioni di anni fa in Irlanda ha portato all’intuizione che le cellule di solfito di ferro potrebbero aver fornito stampi tridimensionali per le prime pareti cellulari.
16 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 2013
17 Tim Requarth. Our chemical Eden. AEON, 11 January 2016
18 Un cristallo seme è un piccolo pezzo di materiale monocristallino o policristallino da cui viene coltivato in laboratorio un grande cristallo dello stesso materiale.
19 Tim Requarth, op. cit. 11 January 2016
20 Ibidem
21 Ibidem
22 Ibidem
23 Ibidem
24 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 2013
25 Ibidem
26 Tim Requarth, op. cit. 11 January 2016
27 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 2013
28 Lane N, Martin WF, Raven JA, Allen JF. Energy, genes and evolution: introduction to an evolutionary synthesis. Philosophical Transactions B Royal Society Biological Sciences. 368(1622):20120253, Jun. 10, 2013.
29 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 2013
30 Lane N, Martin WF, Raven JA, Allen JF, op. cit. Jun. 10, 2013.
31 Ibidem
32 Ibidem
33 Tim Requarth, op. cit. 11 January 2016
34 È un acido nucleico implicato in vari ruoli biologici, quali la codifica, regolazione ed espressione dei geni, in particolare la sintesi proteica. Come l’altro acido nucleico, il DNA, l’RNA è una macromolecola polimerica costituita da una catena di nucleotidi, ma a differenza del DNA è formato in prevalenza da un singolo filamento ripiegato su sé stesso.
35 Neveu M, Kim HJ, Benner SA (Apr 2013). “The “strong” RNA world hypothesis: fifty years old”. Astrobiology. 13 (4): 391–403. / Alberts B, Johnson A, Lewis J, et al. Molecular Biology of the Cell. 4th edition. New York: Garland Science; 2002. The RNA World and the Origins of Life.
36 Ibidem
37 Ibidem
38 In biochimica, meccanismo universale che si svolge nei batteri, nei cloroplasti e nei mitocondri; consiste nella liberazione di energia durante il trasposto di elettroni attraverso una membrana; tale energia favorisce il passaggio di protoni tra i due lati della membrana stessa e quindi l’instaurarsi di un gradiente protonico che viene utilizzato dalle cellule per vari processi e soprattutto per la produzione di ATP.
39 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
40 Ibidem
41 Ibidem
42 Ibidem
43 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 1997
44 Il gradiente protonico elettrochimico transmembrana (gpet) è un meccanismo vitale fondamentale attivo nei mitocondri che permette di generare un potenziale elettrochimico nell’ambito della catena di trasporto degli elettroni. L’energia potenziale dei protoni produce la sintesi finale di ATP, in cui l’energia è immagazzinata in una forma utilizzabile dall’organismo. In fisica, il gradiente di una grandezza scalare si usa per descrivere come quest’ultima vari in funzione dei suoi parametri. Ad esempio, si parla di gradiente termico per esprimere la variazione della temperatura lungo una direzione, o di gradiente di pressione per esprimere la variazione della pressione lungo una data direzione.
45 Russell, M.J., Nitschke, W. & Branscomb, E. op. cit. 1997
46 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
47 Ibidem
48 Ibidem
49 Ibidem
50 William Martin, Michael J Russell. On the Origin of Cells: A Hypothesis for the Evolutionary Transitions from Abiotic Geochemistry to Chemoautotrophic Prokaryotes, and from Prokaryotes to Nucleated Cells. In Philosophical Transactions of the Royal Society of London. Series B: Biological Sciences, Vol. 358, Issue 1429, pp. 59-85, 2003
51 In chimica, il gradiente di concentrazione è il gradiente associato ad una differenza di concentrazione di una stessa specie chimica tra due volumi adiacenti, che si può instaurare all’interfaccia tra due fasi, per esempio alle estremità di una membrana semipermeabile. Nel caso in cui la specie chimica in questione sia uno ione, si parla più precisamente di gradiente ionico.
52 William Martin, Michael J Russell, op. cit. 2003
53 L’acetil-coenzima A, abbreviato in acetil-CoA, è una molecola fondamentale nel metabolismo di tutti gli organismi viventi. Dal punto di vista chimico si tratta di un tioestere, ovvero il prodotto della condensazione di un tiolo (che in questo caso è il coenzima A) e un acido carbossilico, che in questo caso è l’acido acetico. Dal punto di vista biochimico, la molecola è la forma in cui l’acido acetico è attivato: questo grazie all’intrinseca instabilità (ovvero elevata reattività) del legame tioestereo.
54 W Martin, MJ Russell. On the origin of biochemistry at an alkaline hydrothermal vent. In Philosophical Transactions of the Royal Society B, Vol. 362, Issue 1486, pp. 1887-1926, 2007
55 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
56 Il fenomeno della termoforesi, chiamato anche termodiffusione consiste nella migrazione di particelle, immerse in un fluido, indotta da un gradiente di temperatura. Il fenomeno, pur essendo noto da tempo, risulterebbe, stando alle fonti convenzionali in materia, aver ancora aspetti non completamente compresi, e mancherebbe di una esauriente trattazione teorica. R. Piazza – A. Parola, Thermophoresis in colloidal suspensions, J. Phys.: Condens, Matter, 20:1, 2008
57 W Martin, MJ Russell. op. cit. 2007
58 Ibidem
59 Ibidem
60 Corliss JB, Dymond J, Gordon LI, Edmond JM, von Herzen RP, Ballard RD, Green K, Williams D, Bainbridge A, Crane K, van Andel TH. op. cit. 1979
61 Un team di scienziati della Scripps Institution of Oceanography, della Duke University, dell’Università di Washington e di altre istituzioni ha condotto la spedizione supportata dalla National Science Foundation (NSF).
62 National Science Foundation. “Huge New Hydrothermal Vent System Found On Seafloor; Surprise Discovery Dubbed “Lost City”.” ScienceDaily. ScienceDaily, 12 December 2000.
63 Ibidem
64 Ibidem
65 Martin W, Baross J, Kelley D, Russell MJ. Hydrothermal vents and the origin of life. In Nature reviews. Microbiology, 6 (11): 805-814, Nov. 2002
66 Ibidem
67 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
68 Buan NR. Methanogens: pushing the boundaries of biology. Emerging Topics in Life Sciences, 2(4):629-646. 14 Dec. 2018
69 Ibidem
70 Kartik Aiyer. The great oxidation event: how Cyanobacteria changed life. America Society of Microbiology, 18 Feb, 2022
71 Ibidem
72 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
73 È possibile dare una spiegazione semplificata dell’entropia, interpretandola come il “grado di disordine” di un sistema. Quindi un aumento del “disordine” di un sistema è associato a un aumento di entropia, mentre una diminuzione del “disordine” di un sistema è associata a una diminuzione di entropia. Si rende necessario però chiarire che il disordine sarebbe relativo e, per questo, la spiegazione semplificata non corrisponderebbe a quella esatta; ciò però serve a rappresentare il concetto. Ugualmente si potrebbe definire l’entropia come una misura del disordine in un sistema fisico. In forma esplicativa ma non rigorosa, si potrebbe sostenere che quando un sistema passa da uno stato di equilibrio ordinato a uno disordinato la sua entropia aumenta. L’approccio molecolare della meccanica statistica generalizza l’entropia agli stati di non-equilibrio, correlandola più strettamente al concetto di ordine, precisamente alle possibili diverse disposizioni dei livelli molecolari e, quindi, alle differenti probabilità degli stati in cui può trovarsi macroscopicamente un sistema.
74 Erwin Schrödinger What is life? 1944. Testo di storia e filosofia della scienza molto importante in ambito biologico. Contiene, infatti, la definizione della vita da un punto di vista fisico. Secondo le memorie di James D. Watson (DNA, The Secret of Life), fu proprio il libro di Schrödinger a dargli l’ispirazione per la ricerca dei geni, che portò alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA.
75 Robert Hazen M. Symphony in C: carbon and the evolution of (almost) everything. W. W. Norton & Company, New York, 2019
76 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
77 Ilya Prigogine. Étude thermodynamique des phénomènes irréversibles. Dunod, Paris, 1947
78 Tim Requarth. op. cit. 11 January 2016
79 Stanley Lloyd Miller biochimico noto per i suoi studi nel campo dell’origine della vita, e in modo particolare per l’esperimento di Miller-Urey che dimostrò che dei composti organici possono essere creati da processi chimici abbastanza semplici a partire da sostanze inorganiche. Per svolgere l’esperimento, Miller ricreò le condizioni ambientali che si supponeva esistessero al tempo della Terra primordiale.
80 Éric Karsenti. Breve storia delle origini della vita. Dalla cellula all’essere umano. Salani Editori, 2018
81 Ibidem
82 Ibidem
83 Russell MJ, Nitschke W, Branscomb E. The inevitably journey to being. Philosophical Transactions of Royal Society B, 368 (1622): 20120254, July 2013
84 Ibidem
85 Ibidem
86 Ibidem
87 Ibidem
88 Ibidem
89 Ibidem
90 Ibidem
91 Ibidem