BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XII • Numero 48 • Dicembre 2023
Siamo sempre stati settimanali?
Seguendo una concezione che ponga la genesi della realtà in relazione con un atto creativo per cui specie animali e vegetali oggi esistenti sarebbero state create così quali sono, il problema degli artifici di conteggio del tempo umano non si pone perché perfino esso ci sarebbe stato fornito nel design del creatore. Ma se la nostra interpretazione del mondo si fosse trasferita abbastanza dal potere ecclesiastico al potere civile e si fosse secolarizzata, allora è plausibile che la domanda riguardo al nostro conteggio settimanale del tempo del calendario ci susciti un certo interesse. Quest’ultima possibilità costituisce il mio caso e, come lo testimonia ogni articolo di BIO, in quanto suo curatore, sono incline a prendermi cura di argomentazioni che spaesano il mio senso comune. In effetti, pure accettando la provocazione della domanda, ci risulta quasi impossibile immaginare le nostre vite condivise senza la settimana. Così, cercando di decostruire addirittura le nostre convenzioni interpretative più futili, soffermiamoci sulla questione se siamo stati sempre settimanali.
Stando a quanto riferiscono studiosi della società, come il professore di storia David Henkin, della University of California a Berkeley,1 tra le tante scoperte collettive durante il confinamento pandemico del 2020, noi occidentali avremmo realizzato quanto fossimo attaccati alla nostra settimana di sette giorni. Mentre in aprile di quell’anno crescevano le nostre lamentele sul cosiddetto disorientamento temporale, secondo questi osservatori,2 ci saremmo concentrati non proprio sull’orologio, la classica metonimia per il potere e l’esperienza del tempo, ma piuttosto sul calendario e in particolare su quello settimanale. Al riguardo, David Henkin ha documentato questo disorientamento temporale seguendo programmi della Fox Media ed altre reti che chiedevano al pubblico degli USA che giorno fosse. La scoperta è che, anziché rispondere il giorno esatto del calendario gregoriano, la risposta degli intervistati era sempre: bah, a blursday, vale a dire un giorno qualunque o, più letteralmente, un giorno sfuocato.3
In effetti, per descrivere alcuni degli eventi che hanno caratterizzato il 2020, i ricercatori lessicografi hanno dovuto introdurre nuove parole all’interno del nostro vocabolario. Ad esempio, tutti ricordiamo termini quali lockdown e distanziamento sociale. Ma in ambiti più specialistici c’è stato perfino bisogno di denominare quella esperienza di perdita del senso del tempo, consistente in una squilibrata percezione del flusso della settimana, per la quale è stato coniato il termine blursday,4 cioè un giorno della settimana che non distinguiamo da quelli precedenti. Dunque, un blursday costituisce il nome per un giorno vago che comunica la difficoltà di ricordarsi a che punto della settimana si è arrivati, come capitava, davvero, durante la pandemia, rimanendo a casa e poi non si distingueva se fosse, ad esempio, mercoledì oppure giovedì. Si perdeva il senso del tempo e se ne aveva una percezione indistinta, sfuocata (blur). Tuttavia, altresì le ore, i mesi, le stagioni e altre unità di tempo sono state confuse ma, a quanto viene referito, l’indeterminatezza del ciclo settimanale ha dominato il discorso relativo allo smarrimento temporale durante il lockdown.5
La nostra esperienza del giorno sfocato durante il COVID-19 o blursday ha, quindi, portato gli arcani della vita settimanale alla superficie della coscienza pubblica, sollevando la domanda sul perché rimanere fermi sullo stesso luogo ha fatto sì che masse di popolazioni perdessero la cognizione dei giorni lavorativi, addirittura dei giorni di svago o fine settimana.6 I commentatori hNNO generalmente citato il fatto che, durante la pandemia, molti di noi lavoravamo a casa, il che ha eliminato i cruciali segnali ambientali che dividono il lavoro dal resto della vita. I giorni di lavoro e quelli di svago hanno cominciato ad assomigliarsi e, durante i giorni intermedi del ciclo, abbiamo perso il conto di quanto fossimo vicini o lontani dalla fine della settimana.7
Ma questa spiegazione, nel parere dello storico David Henkin,8 risulta inadeguata. Il telelavoro, del resto, segnala Henkin, era diventato comune molto prima della pandemia, senza aver prodotto un senso così ampio di disorientamento temporale. Inoltre, pure prevedendo che lavorare da casa sconvolgerebbe le divisioni temporali all’interno della giornata in modo ancora più drammatico di quanto le sconvolgesse il ciclo settimanale, le battute e i memi che sono circolati nel periodo di riferimento non hanno evidenziato la nostra confusione su che ora fosse. Né le lamentele sul disorientamento temporale hanno prestato uguale rilievo ad eventuali confusioni delle date gregoriane, nonostante il fatto che molti degli attacchi più brutali della pandemia alle nostre vite rituali, come cene di Natale dimenticate, stagioni di calcio sospese, feste di compleanno, abbiano interrotto il calendario annuale piuttosto che quello settimanale. Infine, l’incertezza sul ciclo settimanale non si è limitata alla questione dei fine settimana ma si è estesa a tutto il ciclo di sette giorni.
Tali lamenti circa i giorni sfocati (blursday), a quanto sostiene Henkin,9 riflettevano qualcosa di più delle semplici conseguenze del lavoro, dello shopping e della socializzazione da casa. Hanno piuttosto registrato un più generale distacco dalle nostre abitudini e routine, per cui la perdita del conto della settimana si è presentata come un drammatico sintomo collettivo, almeno per coloro che hanno avuto la fortuna di essere stati messi in aspettativa a retribuzione piena. La situazione che si è venuta a creare avrebbe potuto essere paragonabile allo stato in cui possiamo trovarci davanti ad un individuo che dimentica il giorno della settimana quale sintomo singolare di perdita di memoria e disorientamento cognitivo.
Le settimane, in effetti, stando agli esperti in materia,10 fungono da potenti ancore mnemoniche perché sono fondamentalmente artificiali. A differenza dei giorni, dei mesi e dagli anni, che seguono, approssimano, imitano o almeno alludono a qualche processo naturale (attraverso l’utilizzo di ore, minuti e secondi che rappresano frazioni ordinate di quelle unità più grandi), la settimana trova il suo fondamento interamente nella storia.11 In effetti, dire “oggi è martedì” significa fare un’affermazione sul passato piuttosto che sulle stelle, sulle maree o sul tempo. Noi affermiamo che un certo numero di giorni, contati ininterrottamente fino a sette, separano l’oggi da un momento precedente. E poiché questi conteggi non hanno alcuna prospettiva di conferma o allineamento astronomico, le settimane dipendono in un certo senso da una meticolosa tenuta dei registri storici. Ma in pratica, come sostiene Henkin,12 i conteggi settimanali sono rafforzati dalle abitudini e dai rituali di altre persone. Quando quelle abitudini e rituali furono radicalmente oscurati o alterati nel 2020, la settimana stessa sembrò sgretolarsi.
La funzione del computo dei sette giorni
Questo disfacimento, a parere di Henkin,13 sarebbe più difficile da spiegare se assumessimo che l’unica funzione del computo dei sette giorni fosse quella di dividere il tempo lavorativo dal tempo libero o il sacro dal profano. La suddivisione tra giorni feriali e fine settimana è, secondo lui, ovviamente, la caratteristica più importante di questo strano e convenzionale sistema di misurazione del tempo. Questa spartizione, probabilmente potrebbe essere considerata la conseguenza più significativa della diffusione del conteggio dei sette giorni praticamente in tutto il mondo negli ultimi due secoli. Ma le settimane sono arrivate a fare anche altre cose per noi, dividendo e raggruppando e segnando i giorni per scopi diversi e con effetti diversi.
Il nostro conteggio settimanale, in effetti, divide i giorni in due categorie, generando un ritmo temporale composto da una serie di tic seguiti da un toc (o due). Questo è stato, come argomenta Henkin nella sua storia dei ritmi innaturali che ci hanno resi ciò che siamo oggi,14 il contributo cruciale dell’osservanza del sabato ebraico (Shabbat) alla storia del computo settimanale fin dai suoi antichi inizi. Ma le nostre settimane dividono anche i giorni in sette unità fondamentalmente eterogenee, più simili a una scala di do-re-mi-fa-sol-la-si. Questo è, come sostengono gli studiosi,15 il ritmo del cronometraggio astrologico, prominente nella Roma imperiale, che identificava i giorni con i sette corpi celesti osservabili dalla Terra, un’associazione che conserviamo nei nomi dei nostri giorni feriali nella maggior parte delle lingue indoeuropee e in inglese.
In un altro uso familiare della settimana, i sette giorni di un dato ciclo non sono affatto divisi, né in due né in sette, ma vengono invece raggruppati insieme per formare un pezzo di tempo coerente, tipicamente per distinguere un intero ciclo da un altro, questa settimana da quell’altra, la settimana scorsa da quella successiva.16 Da questo punto di vista, la settimana funge anche da intervallo di bilancio retrospettivo e prospettico, motivo per cui si è rivelata particolarmente apprezzata dai puritani del New England e dai loro numerosi discendenti.
Come ultimo esempio, utilizziamo anche i cicli settimanali per programmare e coordinare le attività di gruppo. I mercati settimanali, ad esempio, garantiscono intervalli di sette giorni per commercianti e consumatori di cibo o altri prodotti, aiutandoli a riunirsi in un momento e in un luogo prevedibili. Come il ciclo di introspezione e di inventario, una settimana di questo tipo non deve necessariamente durare sette giorni. In effetti, il popolo Tiv della Nigeria osservava, fino a poco tempo fa, una settimana di cinque giorni, chiamata kasóa, che significa mercato ma, in una società che già tiene traccia della tradizionale settimana di sette giorni, ancorando gli orari delle riunioni pubbliche al calendario settimanale, utilizza e rafforza tale calendario.17
Tutti e quattro gli usi del conteggio dei sette giorni avrebbero plasmato la storia del cronometraggio settimanale, che ha solo circa 2.000 anni. Sebbene tabù e cosmologie in diverse culture hanno attribuito significato ai cicli di sette giorni molto prima, non ci sarebbe prova chiara che alcuna società utilizzasse tali cicli per tracciare il tempo sotto forma di un calendario comune prima della fine del I secolo d.C. Come hanno recentemente documentato gli studiosi Ilaria Bultrighini e Sacha Stern,18 sarebbe stato nel contesto dell’Impero Romano che un calendario settimanale standardizzato emerse da una combinazione e fusione dei conteggi del sabato ebraico (Shabbat) e dei cicli planetari romani. Il calendario settimanale, dal momento della sua effettiva invenzione, rifletterebbe un’unione di modi di contare i giorni molto diversi. Questo fatto da solo dovrebbe scoraggiarci dal ritenere che le settimane abbiano una sola ovvia applicazione tecnologica e/o sociale.
Come la maggior parte dei sistemi di cronometraggio settimanale, la settimana moderna, specialmente negli Stati Uniti d’America porta l’impronta storica di tutti e quattro gli usi del conteggio dei sette giorni, che fu impiantato per la prima volta sulle coste americane da europei e africani, e rafforzato dalle successive ondate migratorie nel corso dei secoli. Ma la formazione cruciale della nostra moderna esperienza del tempo settimanale ebbe luogo intorno alla prima metà del 1800, con la crescente importanza di quel quarto tipo di funzione della settimana: il calendario settimanale differenziato.19
L’esperienza moderna del tempo settimanale
Tutte le altre tre modalità di cronometraggio settimanale si sarebbero ben radicate negli Stati Uniti d’America all’inizio dell’‘800. Come ci ricorda Henkin,20 tale società, ancora prebellica, era famigerata tra i visitatori europei per la portata e la rigidità dell’osservanza del Shabbat. Altresì il riposo domenicale sarebbe stato insolitamente diffuso, perfino tra gli schiavi. Inoltre, la festività o santità della domenica risaltava brillantemente in un calendario straordinariamente leggero riguardo alle commemorazioni e alle festività annuali. Anche le associazioni astrologiche con il ciclo settimanale rimasero abbastanza comuni durante questo periodo, e anche coloro che respingevano le superstizioni popolari sui giorni feriali di buon auspicio oppure inquietanti spesso accettavano l’affermazione che il calendario di sette giorni fosse collegato alle forze cosmologiche e parte del tessuto di un ordine naturale, come documenta Henkin.21 Nel frattempo, la pratica puritana dell’inventario settimanale fornì a molti uomini e donne alfabetizzati negli Stati Uniti un potente strumento per valutare, pianificare e immaginare i loro affari mentre adottavano la pratica proliferante di tenere un diario.
A parere di Henkin,22 alcuni di questi ritmi settimanali più antichi risuonavanoancora più forte con il progredire dell’‘800. Con l’aumento del lavoro salariato negli Stati Uniti d’America settentrionali e occidentali, ad esempio, il sabato sera sarebbe diventato qualcosa di più della semplice fine della settimana lavorativa; diventò, effettivamente, anche il giorno della paga, generando modelli di consumo, svago commerciale e sicurezza materiale che plasmarono la sensazione distintiva di ciascuno dei giorni intermedi del ciclo. Nel corso del secolo anche il sabato stesso diventò una sorta di mezza festa in tale società. Insegnanti e studenti spesso avevano il sabato completamente libero, così come molti impiegati. Altri americani, sia liberi che schiavi, spesso lavoravano meno ore il sabato rispetto agli altri giorni della settimana. Oggi, ci ricorda Henkin,23 gli adesivi per paraurti attribuiscono ai sindacati il merito di aver inventato il fine settimana di due giorni, ma sarebbe più preciso dire che quei sindacati sarebbero riusciti, all’inizio del ‘800, a chiedere, in linea di principio, a nome di tutti i lavoratori quei benefici della tregua del sabato che erano state godute o rivendicate da vari settori della forza lavoro statunitense nel corso del secolo precedente. Il raddoppio del fine settimana probabilmente avrebbe acuito il ritmo tic-tac dei giorni speciali e di quelli mondani, soprattutto da quando l’espansione formale della domenica per includere il sabato avrebbe sostituito l’informale sanguinamento della domenica nel lunedì che aveva caratterizzato molte culture del lavoro preindustriali.24
Stando alla storia dei ritmi artificiali di conteggio del tempo di Henkin,25 anche il legame tra la tenuta del diario e l’inventario settimanale diventò più evidente durante la prima metà del XIX secolo, in seguito alla diffusione dei diari preformattati per il mercato di massa, che tipicamente presentavano periodi di circa una settimana, in contrapposizione ai formati mensili che era presentato negli almanacchi precedenti. I nuovi formati di calendario rafforzarono l’abitudine di valutare i propri obblighi, risultati e carenze con incrementi settimanali.26
Ma qualcosa di ancora più significativo accadde insieme a quegli usi radicati del calendario settimanale. In modo crescente e pervasivo gli americani iniziarono ad applicare la tecnologia del conteggio dei sette giorni al progetto di programmazione pianificata di ciascuna giornata della settimana. Alcuni di questi orari sarebbero emersi in contesti lavorativi, in particolare nelle scuole e nelle pulizie domestiche. Quando la frequenza scolastica quotidiana diventò un’attività normativa al di fuori degli Stati Uniti dell’America meridionali all’inizio del ‘800, masse di scolari impararono presto e spesso ad aspettarsi che alcune attività regolari (esami, pause anticipate, lezioni speciali) si svolgessero nello stesso giorno della settimana. E man mano che nuove norme di igiene e rispettabilità presero piede nelle famiglie della classe media, i manuali domestici iniziarono a prescrivere orari settimanali per le principali attività domestiche: lavare il lunedì, stirare il martedì, cuocere al forno il mercoledì.27
La programmazione settimanale moderna
Molti degli usi più significativi della programmazione settimanale, stando agli studiosi in materia, come riporta Henkin,28 avvennero al di fuori del luogo di lavoro, nell’arena dell’intrattenimento commerciale, dell’associazione di volontariato e della cultura della stampa. Durante la prima metà del ‘900, masse di americani negli Stati Uniti dell’America settentrionali e occidentali accorsero nei teatri, si si unirono a logge fraterne e ad organizzazioni riformiste, assistettero a conferenze e concerti e si abbonarono ai giornali. Sempre più spesso molti aderirono al sistema bancario (che in genere rimborsavano solo in determinati giorni feriali) e inviarono e ricevettero lettere attraverso il servizio postale, che nelle aree meno popolose furono distribuite con orari settimanali.29 Tutte queste pratiche si svilupparono, in seguito e a mano a mano, in quasi tutte le nazioni incorporate nell’economia del mercato mondiale. In effetti, tutte queste pratiche richiedevano ai partecipanti di prestare attenzione a quale giorno della settimana fosse. Sia che l’attività si svolgesse una volta alla settimana, due volte alla settimana o anche una volta al mese, il calendario settimanale divenne indispensabile, in modo che incontri, offerte commerciali, pubblicazioni e consegne di posta fossero costantemente collegati a determinati giorni della settimana.
Per i membri delle logge fraterne che si riunivano il secondo martedì del mese, ad esempio, o per gli studenti che prendevano lezioni di pianoforte il lunedì e il mercoledì, o per i direttori di teatro che programmavano le matinée del mercoledì, o per gli amici che, come continua ad elencare Henkin,30 cercavano di non far passare un giovedì senza una visita sociale, la scelta e il carattere di un particolare giorno feriale furono spesso arbitrari, almeno all’inizio. Ma una volta che si formarono le abitudini, tali associazioni di attività e giorno della settimana ancorarono e colorarono le percezioni individuali del ciclo settimanale. Per di più, va tenuto in considerazione che questi programmi settimanali si riproducono, davvero, naturalmente. Con il proliferare degli incontri, degli appuntamenti e delle abitudini settimanali, diventò sempre più conveniente inserire nel calendario settimanale perfino incontri tra estranei. Addirittura amici e parenti si aspettavano che gli altri avessero così tante abitudini di sette giorni che aveva senso programmare o scaglionare gli accordi con loro concentrandosi su giorni specifici del ciclo.31 Allegare un’attività a un giorno della settimana consentiva agli americani del ‘900 e alla moderna società globale di mercato che allora emergeva, di coordinare, ricordare e inserire quell’attività all’interno di una serie più ampia di appuntamenti settimanali.
Poiché consentiva alle persone di coordinare attività ricorrenti con altre, comprese quelle che forse ancora non conoscevano, l’uso della settimana come strumento di pianificazione rifletteva e rafforzava il carattere impersonale della vita urbana. E, in effetti, fu la massiccia migrazione di uomini e donne liberi, sia immigrati che nativi, verso le città a partire dal 1820 circa a spiegare meglio l’ascesa storica della settimana americana moderna come un insieme complesso di routine sociali.32 Per coloro che vivevano in piccole città e nelle fattorie, anche se in numero minore, le attività distinguevano un giorno feriale da quello successivo. Ma anche queste popolazioni preavvisano l’arrivo della posta settimanale, la lettura del giornale che ricevevano ogni sette giorni, o seguivano gli orari di un treno o di una diligenza che passava regolarmente in determinati giorni feriali. Di conseguenza, generazioni di americani si disciplinarono secondo ritmi settimanali che influirono solo leggermente sulla vita dei loro antenati.33
Questa proliferazione di programmi settimanali conferì concretamente a masse di gente comune numerose associazioni di attività con ciascun giorno della settimana e nuovi motivi per preoccuparsi se fosse, ad esempio, martedì o mercoledì. Come notevole conseguenza di queste nuove abitudini e associazioni tra attività e giorno della settimana, all’inizio dell‘800 la gente comune modificò le proprie mappe mentali in modo da privilegiare la settimana rispetto ad altre unità di misura del tempo. Si può rilevare questo cambiamento nei diari a libro che identificavano sempre più il giorno della settimana nella parte superiore di ogni annotazione. Questi diari documentano anche una maggiore tendenza a identificare, erroneamente, le date piuttosto che i giorni della settimana. Possiamo intravedere l’attecchire di queste nuove mappe mentali nel modo in cui i testimoni nei processi ricordavano, con molta maggiore sicurezza e accuratezza il giorno della settimana, rispetto alla data del mese, in cui si era verificato un evento, spesso citando un’abitudine o una pratica regolare settimanale come base dei propri ricordi, o nella propensione dei corrispondenti a utilizzare il calendario settimanale per raccontare gli sviluppi della propria vita.
Henkin annovera un esempio abbastanza significativo per documentare la presa della settimana sulla memoria umana nella decisione di un genitore in lutto di commemorare la perdita di un figlio in un conveniente giorno della settimana, piuttosto che nella data esatta della morte nel calendario gregoriano.34 Più obliquamente, si potrebbe osservare tale cambiamento nell’invocazione frequente e convenzionale durante l‘800 dello scorrere della settimana per lamentare il rapido volo del tempo. Per gli americani dell‘800, la settimana era già diventata, sottolinea Henkin, sia uno strumento mnemonico che un quadro per pensare al movimento del tempo.
La settimana nella coscienza temporale moderna e la regolazione della vita umana
Di conseguenza, la presa della settimana sulla coscienza temporale si sarebbe rafforzata. Anche coloro che avevano avuto un debole impegno religioso verso l’idea che il calendario settimanale rappresentasse un conteggio ininterrotto di cicli di sette giorni risalenti alla creazione divina del mondo, secondo Henkin, vedevano la settimana come qualcosa di più di un semplice strumento di cronometraggio sacrificabile.35 Alla fine dell‘800, stando a studiosi come lo storico Henkin,36 era già diventato difficile immaginare un mondo senza cicli di sette giorni, al punto che la letteratura utopica e distopica della fine dell‘800, ad esempio, conservava, in genere, settimane intatte nelle loro visioni di società future radicalmente diverse. Pure i potenti movimenti dell’epoca volti a modificare il calendario settimanale incontrarono una dura resistenza. Le imprese statunitensi, a partire dalla fine dell‘800, promossero programmi di riforma del calendario progettati per eliminare le inefficienze contabili causate dal recalcitrante ciclo di sette giorni. Poco dopo, i pianificatori economici sovietici, contestando il modo in cui un fine settimana coordinato impediva la produzione continua delle fabbriche, introdussero settimane lavorative più brevi e assegnarono diversi segmenti della popolazione a orari settimanali diversi. Tutti questi piani fallirono, a quanto sostiene Henkin,37 proprio per la presa della settimana sulla coscienza temporale.
La settimana di sette giorni nella conquista, il commercio, il proselitismo e la globalizzazione
A questo punto dell’argomentazione si potrebbe accogliere, senza controversia, la proposizione di Henkin, cioè che la settimana moderna ci renderebbe consapevoli del nostro rapporto con le nostre reti e con le abitudini degli altri.38 Invece di cedere il passo alle richieste razionali del capitalismo o del comunismo, il calendario settimanale ininterrotto e coordinato, sostiene lo storico Henkin, continuò a conquistare il mondo nel corso del ‘900, regolando la vita in società e regioni che non avrebbero mai misurato il tempo in unità di sette giorni. Per gran parte della sua lunga storia, la settimana di sette giorni si diffuse lungo percorsi di conquista, commercio e proselitismo forgiati dall’Islam e, soprattutto, dal Cristianesimo. L’espansione musulmana e cristiana dal Mediterraneo orientale portò il ciclo di sette giorni, come lo conosciamo, in gran parte del mondo, tra cui Africa, Scandinavia, Americhe, Oceania, Asia centrale, Indonesia e Pacifico meridionale nel corso del II millennio d.C. Ma solo verso la fine di quel millennio la settimana sarebbe arrivata a godere dell’attuale presunzione di leggibilità universale.39 Molti fattori hanno contribuito alla diffusione, relativamente recente, della settimana in luoghi come l’Asia orientale, che non avrebbe mai ritenuto opportuno contare i cicli di sette giorni. Fondamentalmente, la portata globale della settimana riflette la crescente interconnessione della maggioranza rurale del mondo con i circuiti economici capitalisti, gli stati coloniali consolidati e le reti di trasporto ampliate, che espongono le nuove popolazioni a ritmi di calendario precedentemente irrilevanti.40
Anche l’industrializzazione contribuì alla crescente importanza della settimana, sia negli Stati Uniti d’America come nazione egemonica che in tutto il mondo.41 Rafforzando e pattugliando i confini tra tempo di lavoro e tempo libero, la produzione industriale evidenziava l’unità di calendario che più chiaramente e leggibilmente si adatta ai contorni della sua mappa. Ma la logica industriale della settimana, ci indica Henkin, confuse le distinzioni tra i giorni feriali che si sarebbero rivelati cruciali per il potere della settimana come ancoraggio temporale. Per le persone moderne e settimanali, è il programma settimanale differenziato delle attività prestabilite, vale a dire lezioni, riunioni, sport, spettatori di intrattenimento televisivo, accordi di custodia, piuttosto che l’osservanza del sabato / Shabbat o semplicemente l’attesa del fine settimana che fa conoscere la propria posizione precisa nel ciclo settimanale così indispensabile ad ogni momento. 42
La settimana moderna sovrappone alla settimana antica un ritmo fondamentalmente sociale, incorporando la consapevolezza delle esigenze e dei vincoli degli altri. Tuttavia, anche la settimana moderna è in qualche modo individualizzata, in quanto i suoi ritmi sono modellati da tutti i tipi di decisioni private che vengono prese, soprattutto come consumatori, puntualizza Henkin. Mentre il conteggio del sabato e i domini astrologici sottopongono tutti allo stesso programma, la settimana moderna ci renderebbe consapevoli del nostro rapporto con le nostre reti relazionali e con le abitudini degli altri, evidenziando allo stesso tempo la varietà delle nostre reti relazionali e la contingenza di tali abitudini.
All’inizio del 21° secolo, molti commentatori culturali lamentavano il disfacimento della settimana come conseguenza delle abitudini di lavoro asincrone di fronte all’assalto del commercio senza sosta e dell’accessibilità continua, che identifichiamo significativamente con la frase tecnicamente ridondante “24/ 7″. Altri critici accolsero con favore la fine della settimana, ricordandoci che il ciclo di sette giorni è, dopo tutto, del tutto artificiale e la sua diffusione universale relativamente recente.
Il martedì moderno è e rimarne, stando a Henkin, in un certo senso profondo, un esperimento sociale. Ma se sia fallito o se “lo sarà sempre” sarebbe meno certo. Le lamentele di disorientamento temporale durante la pandemia di COVID-19, puntualizza Henkin,43 suggeriscono sia che la settimana sia un costrutto fragile sia che le abitudini mentali che si sono formate attorno ai suoi ritmi artificiali sarebbero difficili da scuotere e dolorose da perdere. Anche dopo decenni di esposizione alle esigenze del capitalismo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e dei suoi nuovi media, ci sentiremmo disarmati dall’improvvisa confusione dei nostri martedì. L’allentamento della nostra presa sulla settimana, e la sua presa su di noi, durante la chiusura avrebbe sollevato lo spettro della perdita di memoria e di tempo perduto. Quello spettro, come le abitudini sociali che lo tengono a bada, fa parte dell’esperienza moderna.
______________Note _________________
1 David Henkin. How we became weekly. AEON, 30 Nov 2021
2 Ibidem
3 Ibidem
4 Treccani. Neologismi 2022. Blursday.
5 David Henkin, op. cit. 30 Nov 2021
6 Ibidem
7 Ibidem
8 David Henkin. The Week: A History of the Unnatural Rhythms That Made Us Who We Are. Yale University Press, 7 Dec 2021
9 Ibidem
10 Ibidem
11 Ibidem
12 Ibidem
13 David Henkin, op. cit. 30 Nov 2021
14 David Henkin, op. cit. 7 Dec 2021
15 Ibidem
16 Ibidem
17 Ibidem
18 Ilaria Bultrighini and Sacha Stern. Calendars in the Making: The origins of Calendars from the Roman Empire to the Later Middle Ages. Brill, 2021
19 David Henkin, op. cit. 7 Dec 2021
20 Ibidem
21 Ibidem
22 Ibidem
23 Ibidem
24 David Henkin, op. cit. 30 Nov 2021
25 David Henkin, op. cit. 7 Dec 2021
26 Ibidem
27 David Henkin, op. cit. 30 Nov 2021
28 David Henkin, op. cit. 7 Dec 2021
29 Ibidem
30 Ibidem
31 Ibidem
32 Ibidem
33 Ibidem
34 David Henkin, op. cit. 30 Nov 2021
35 Ibidem
36 David Henkin, op. cit. 7 Dec 2021
37 Ibidem
38 Ibidem
39 Ibidem
40 Ibidem
41 Ibidem
42 Ibidem
43 Ibidem