Periodicamente le autorità sanitarie mettono in allerta la popolazione mondiale per nuove infezioni che si diffondono o si diffonderebbero alla velocità della luce se non si creassero cordoni di sicurezza in grado di ridurne progressivamente il rischio di trasmissione. Le epidemie di peste dal XV al XVIII secolo, quelle di colera che abbiamo vissuto fino al secolo scorso in Europa o, più recentemente le influenze come quella spagnola che ha falcidiato la popolazione europea, o, molto più vicina a noi l’epidemia SARS dei virus aviari, e infine questa epidemia di un nuovo Coronavirus, sono una costante del nostro mondo e delle dinamiche del sistema vita.
La battaglia per la vita
Vivere senza epidemie sarebbe certo augurabile, ma la plasticità del genoma e la lotta per la sopravvivenza di ogni organismo vivente, in questo includo anche i virus, determinano la continua selezione dei caratteri per cui, anche riuscendo a limitare l’azione di un virus o di un batterio mediante misure igieniche e farmacologiche oppure con le nostre stesse risorse interne, si affacceranno, con il tempo, nuove varianti infettive in grado di lottare contro queste risposte.
E, così, ciclicamente vinceremo e saremo sconfitti da nuovi agenti infettivi. Ora però, questi stessi agenti infettivi hanno un certo interesse a tenerci in vita. Se morissimo tutti, quelli in grado di attaccarci non potrebbero sopravvivere, non avendo a disposizione altri soggetti da infettare. Trascorso un certo periodo di violenta virulenza, in generale l’infettività di questi agenti decresce e si entra in una specie di equilibrio tra l’agente infettante e la popolazione, cosicché di fatto sono soltanto i soggetti più deboli ad essere maggiormente a rischio di infezione.
Un’altra strategia di sopravvivenza, apparentemente di questo ultimo Coronavirus, è quella di essere blandamente infettivo, produrre pochi sintomi di tipo raffreddore, e soltanto in pochi casi essere pericoloso inducendo polmonite. Per tutti questi motivi è importante affrontare le epidemie consapevolmente e possibilmente nella migliore condizione fisica e psichica.
Le raccomandazioni del Ministero della Salute
Il Ministero della Salute indica alcune importanti misure di igiene e di alimentazione per affrontare al meglio un eventuale contagio. Le raccomandazioni per ridurre l’esposizione e la trasmissione di una serie di malattie respiratorie comprendono il mantenimento dell’igiene delle mani (lavare spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche) e delle vie respiratorie (starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso, gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso e lavare le mani), pratiche alimentari sicure (evitare carne cruda o poco cotta, frutta o verdura non lavate e le bevande non imbottigliate) ed evitare il contatto ravvicinato, quando possibile, con chiunque mostri sintomi di malattie respiratorie come tosse e starnuti. Forse, però, potremmo fare di più provando a rinforzare le nostre risorse interne.
Le epidemie e la medicina omeopatica
L’Omeopatia fin dalla sua nascita ha affrontato le epidemie. Sappiamo tutti che la cura omeopatica è individuale, e quindi va affrontata persona per persona. Esistono però alcune condizioni, per l’appunto le epidemie, che è possibile affrontare con pochi rimedi proprio perché i sintomi che si manifestano in questi casi sono generalmente comuni nella popolazione. Identificati tutti, vengono collettivamente indicati come “genio epidemico”. Più di una volta l’Omeopatia ha affrontato le epidemie con un notevole successo. Hahnemann, il suo fondatore, ha documentato i suoi interventi nelle epidemie di scarlattina usando praticamente soltanto diluizioni di Belladonna. Nel XIX e XX secolo sono state affrontate, in tutta Europa, diverse epidemie di colera con grandissimi risultati e pochi rimedi: Cuprum e Canfora tra gli altri. Sono documentati i successi della Medicina Omeopatica in questi casi. Naturalmente si tratta di interventi curativi in risposta alla malattia accertata.
Ma, con il tempo, gli omeopati hanno pensato di usarla proprio per prevenire le infezioni. O più propriamente per rafforzare la capacità di difesa della popolazione. Questo concetto di prevenzione omeopatica è diventato un leit motif della cultura indiana. In effetti il ministero indiano per le medicine tradizionali, più di una volta ha indicato quali rimedi omeopatici utilizzare in tali occasioni, proprio come strumento di prevenzione. In questo frangente di infezione alle porte della Nazione indiana, il Ministero ha suggerito l’assunzione di Arsenicum album 30CH in ragione di 3 dosi per settimana come efficace protezione. Arsenicum album è un grande rimedio omeopatico. È certamente uno dei rimedi più usati nei casi di infezione e quindi, a nostro avviso, un’ottima soluzione per prevenire un’eventuale contagio.
Da dove viene questo concetto di prevenzione in omeopatia?
Curiosamente dalla sua stessa natura. Come sappiamo tutti, i medicinali omeopatici sono sperimentati sui soggetti sani prima di essere utilizzati sul malato. Quando un soggetto sano prende sistematicamente un rimedio, mostra un insieme di sintomi che rappresentano la sua patogenesi. Il soggetto malato che ha quei sintomi, per la legge di similitudine, assumendo quel rimedio guarirà. I sintomi prodotti sul sano sono transienti nel senso che scompaiono molto velocemente dopo aver sospeso l’assunzione della sostanza. Ma lasciano una traccia sull’organismo. Hahnemann dice che il soggetto si rinforza ed è maggiormente capace di resistere alle malattie. Non a caso, se il soggetto sperimentale sano prova a riprendere lo stesso rimedio poco dopo la sua prima assunzione, spesso, quella dose non è più in grado di produrre sintomi patogenetici ed è necessario modificarla o aspettare un po’ di tempo prima di assumere nuovamente il rimedio.
Cosa significa questo? Semplice: il rimedio ha rinforzato e stimolato l’organismo a lottare contro l’intossicazione del medicinale.
Quindi il corpo ricorda cosa fare in caso di una aggressione simile, per esempio, quella di un virus la cui patogenesi sia simile a quella del medicinale sperimentato sul sano. La logica è stringente, la dose somministrata sul sano è in grado di rafforzare la risposta delle nostre difese contro un’aggressione esterna. Quindi in caso l’infezione si presentasse, il nostro organismo saprà resisterle meglio. Per questo l’Omeopatia può essere, come indica il Ministero Indiano, efficace contro questo nuovo virus.
1 commento
Giampiero Di Giovanni
Per la similitudine anatomopatologica con la polmonite (addensamento del parenchima polmonare) penserei a Phosphorus da somministrare appena nota la diagnosi radiologica…Come prevenzione opterei per Echinacea A. TM,30 gtt x 3 associata a Citomix e NK REG,microimmunoterapia valida anche in fase preventiva…Che ne dici?