Gatti, cani, volatili delle più disparate specie e perfino insetti, fin dalla notte dei tempi sono considerati capaci di portare sfortuna o fortuna a chi interagisce con loro. Gli animali, soprattutto quelli addomesticati, hanno sempre suscitato nell’uomo fascino e curiosità e pertanto miti, leggende e superstizioni che li riguardano hanno dilagato fin dai tempi più remoti dell’esistenza dell’uomo sulla terra. Ma c’è qualcosa di vero? Vediamo insieme le superstizioni e le leggende più famose che riguardano i nostri amici a quattro zampe o con le ali.
Gatti neri, gatti bianchi, gatti multicolor
La leggenda che i gatti neri portino sfortuna trova la sua origine in tempi antichissimi; i nostri piccoli felini infatti hanno sempre suscitato fascino e curiosità nell’uomo. Nell’antico Egitto i gatti erano venerati e considerati sacri al punto di divenire muse per affreschi, pitture rupestri e statuine. Ritrarre una donna con un gatto sotto la propria sedia era di buon augurio per la fertilità della donna, ed in generale tutti i gatti venivano venerati probabilmente grazie alle loro eccellenti doti di cacciatori. Possedere un gatto significava infatti mettere in salvo da topi ed altri animali infestanti le provviste conservate nei granai.
Solo molto più tardi, nel Medioevo, la figura del gatto perse molto del suo appeal a causa di credenze che li legavano al demonio ed alle streghe. Questa terribile circostanza fu determinata nel 1233 da Papa Gregorio IX che emanò una bolla, Vox in Rama, nella quale esortava le popolazioni a perseguitare i gatti. A causa del diffondersi di questa invettiva contro i gatti questi subirono una vera e propria crudele persecuzione: migliaia di gatti furono uccisi, bruciati, crocefissi e scuoiati dalle genti che pensavano fossero creature demoniache. Il risultato di tale scempio portò all’aumento esponenziale della popolazione di ratti e topi ed alla conseguente diffusione di malattie infettive cause di epidemie, come la peste bubbonica.
Vi fu quindi, fortunatamente per i malcapitati felini, un’inversione di marcia. Tuttavia la leggenda più diffusa sui gatti è quella che riguarda i felini con mantello nero, questi gatti sono infatti sempre stati associati alla sfortuna, al punto di essere anch’essi perseguitati ed oggetto di stupide ritorsioni. La leggenda del gatto nero che porta sfortuna quando attraversa la strada che stiamo percorrendo nasce da un antico racconto popolare del Medioevo secondo il quale una notte una carrozza trainata da cavalli si ribaltò subito dopo il passaggio di un gatto nero che gli aveva tagliato la strada; vi sono due versioni della motivazione per la quale questa fantomatica carrozza si sarebbe ribaltata: secondo la prima versione gli occhi luminescenti del gatto nero, comparsi improvvisamente nell’oscurità avrebbero fatto imbizzarrire i cavalli, secondo l’altra versione invece, il gatto nero, mimetizzato con il buio della notte, sarebbe stato investito dalla carrozza facendo imbizzarrire i cavalli. Se questa ultima versione fosse vera, il povero gatto nero sarebbe quindi divenuto oggetto di un’assurda persecuzione, pagandone per di più il prezzo con la propria vita.
Fortunatamente non in tutte le culture e le epoche questi misteriosi ed eleganti animali hanno suscitato pensieri negativi; in Giappone, infatti, il gatto nero è simbolo di fortuna e benessere ed averne uno in casa propria apporta prosperità e ricchezza. Anche in paesi come Inghilterra e Scozia avere un gatto nero è una vera fortuna; in altri paese come la Lettonia, nella cultura contadina c’è la leggenda che se la propria gatta partorisce un gattino nero ci si può aspettare un ricco raccolto.
Superstizioni sui cani?
Vi sono purtroppo alcune assurde credenze che legano anche i cani ad eventi sfortunati, o piuttosto che il cane in sé, il suo ululato; in molte culture, infatti, sentire l’ululato dei cani è presagio di eventi nefasti. Forse però in questa credenza c’è una piccola parte di verità in quanto questi eccezionali animali sono a volte in grado di prevedere alcuni eventi drammatici come i terremoti, i temporali ed altri disastri naturali. Inoltre il cane è stato addomesticato dall’uomo e con lui si è co-evoluto fin dai tempi dei primitivi, anche grazie alla sua capacità di fare la guardia.
L’ululato però nei cani, come per i loro cugini lupi, non è altro che un modo di comunicare con conspecifici, tant’è vero che razze di cani che da sempre sono state tenute in branchi, o che discendono in modo più diretto dai lupi, hanno mantenuto questa forma di vocalizzazione più che altre razze. Si pensi ad esempio ai Siberian Husky da slitta che vivevano in branco, o alle mute di cani da caccia.
Ai giorni nostri, chi possiede un solo esemplare di queste razze potrà confermare che spesso il suo amico, non avendo un branco di suoi simili con cui comunicare, corrisponde con il suo umano anche attraverso l’ululato. In Italia vi è poi il detto “can che abbaia non morde”, forse legato proprio al fatto che i cani che ululano lo fanno semplicemente per manifestare con il proprio umano e senza alcuna cattiva intenzione. Infine a differenza dei poveri gatti neri, i cani di questo colore sono in alcune culture considerati benefici per la famiglia che li accoglie in quanto avrebbero il potere di allontanare fattucchiere, streghe e persone che fanno il malocchio.
Uccelli del malagurio
Vi è un antico detto popolare che recita: “penne, pene” indicando come la presenza di alcuni volatili o il ritrovamento delle penne da loro perse portino sfortuna. In particolare il canto della civetta è sempre stato associato a eventi luttuosi e sventure, fin dai tempi del Medioevo; questo perché in epoca medioevale la vita e le giornate venivano scandite dalle ore di luce e all’imbrunire tutto taceva…tutto ma non proprio in quanto, se c’era una civetta nelle vicinanze, essendo un animale notturno iniziava a cantare proprio al calare delle tenebre, venendo poi associata al buio ed alla notte, momento della giornata nel quale erano sveglie solo le persone che assistevano alla veglie funebri. Il canto di queste creature veniva così facilmente associato alla morte ed ai fantasmi.
Un pochino meglio va per altre creature come, ad esempio, il cuculo; un’antica storia contadina narra del fatto che la persona che per prima avverte la presenza di questo volatile in primavera ed ha dei soldi in tasca avrà benessere e ricchezza per tutto il periodo del raccolto.
Tra gli animali che volano, ma che non fanno parte della classe degli uccelli, oggetto di credenze popolari è il pipistrello. Anticamente nelle campagne si evitava infatti di uscire di notte perché c’era la leggenda che questi misteriosi ed affascinati mammiferi potessero attaccarsi ai capelli dei malaugurati viandanti. In realtà alcuni di questi incidenti erano effettivamente accaduti, ma soltanto perché questi animali si nutrono di insetti e sono notturni; nelle loro battute di caccia notturna tendono quindi a volare molto in basso per consentire al loro sonar di individuare le loro piccole prede ed in qualche caso raggiungono l’altezza d’uomo. Tuttavia non ci sono certezze che vi siano stati chissà quali incidenti, ma le presone, vedendo i pipistrelli volargli ad altezza faccia, si spaventano temendo che possano avvicinarsi a tal punto di rimanere impigliati nelle loro chiome.
Animali portafortuna
Tra le piccole creature che possiamo incontrare ogni giorno ce ne sono due in particolare che sono davvero molto amate. Parliamo del ragno e della coccinella. Il ragno gode di ottima fama e si dice che ritrovarlo in casa porti fortuna e che ucciderlo o fargli del male possa portare invece malasorte. Questo è uno dei motivi per i quali moltissimi ragni vengono portati al di fuori delle abitazioni con vari stratagemmi volti a non ferirli, per rimetterli in libertà. Vi era inoltre una credenza popolare secondo la quale le ragnatele tessute dai ragni avevano poteri cicatrizzanti e pertanto venivano poste a contatto con le ferite per facilitarne la guarigione.
Anche la coccinella gode di ottima stampa ed incontrarla è sempre un piacere. Quando una coccinella si posa su di noi si dice che la fortuna sta per arrivare nella nostra vita. Non si è mai capita però la ragione di questa credenza sulle coccinelle, e le ipotesi sono che il loro manto colorato metta allegria, tant’è vero che ai tempi dell’antica Roma era considerata il simbolo della dea Giunone, dea della maternità e della femminilità.
Un’altra ipotesi religiosa è che il manto delle coccinelle abbia ispirato numerose raffigurazioni di mantelli di Madonne medioevali che venivano ritratte con un mantello appunto rosso e con sette puntini neri che rappresentavano le sette gioie.
Fortuna o sfortuna, rispettiamoli
Le credenze popolari spesso hanno mietuto tantissime vittime come nel caso dei gatti, cagionato stragi e torture come nel caso di tanti altri innocenti animali che si credeva avessero effetti benefici per la salute dell’uomo e se ne utilizzavano parti o organi. È il caso della bile di orso, della zuppa di cane, dei pangolini e di tanti altri animali cacciati in maniera crudele e soprattutto senza alcuna evidenza che veramente il loro sacrificio possa essere d’aiuto all’uomo.
È molto importante quindi evitare che queste credenze si diffondano e che prendano piede tra le nuove generazioni per fermare scempi che purtroppo in alcune parti del mondo sono ancora in voga. Narrare queste leggende può far sorridere, ma il dolore e la sofferenza degli animali ci deve sempre far riflettere e va impedita con tutte le nostre energie.