Il Latte artificiale è davvero l’affare del secolo. Secondo l’OMS meno della metà dei neonati viene allattata esclusivamente al seno materno. Un dato spaventoso che rende bene l’idea di una vera tragedia. Il dilagare del consumo del latte artificiale, un prodotto industriale che non ha nulla a che vedere con il latte, causa milioni di morti all’anno. Se pensate che sia un’esagerazione, o che sia una stima fatta da noi di Generiamo Salute, vi sbagliate.
Latte artificiale: l’affare del secolo sulla salute dei neonati
“A livello mondiale, si stima che la riduzione dell’allattamento artificiale e un miglioramento delle pratiche di allattamento al seno potrebbero salvare 1,5 milioni di bambini l’anno”. La frase citata proviene dall’edizione del 1997 di un rapporto sulla condizione dei bambini nel mondo intitolato Progress of Nations, sul sito ufficiale dell’UNICEF. The Lancet, una delle riviste scientifiche più autorevoli al mondo, nel 2016 ha fatto una stima appena meno pessimistica: 823mila bambini e 20mila madri.
I numeri di una vera ecatombe
I danni provocati dal latte artificiale, infatti, sono molteplici e riguardano molti aspetti, non limitati ai soli neonati. Certo, le principali vittime sono proprio loro. Le proprietà nutrizionali del latte surrogato, infatti, non sono neanche paragonabili a quelle del latte materno. In più, attraverso la poppata il neonato non assume solo i normali elementi nutritivi, quali proteine, carboidrati, acidi grassi essenziali. Assume dalla mamma, altresì, le colonie batteriche che gli permetteranno di sviluppare un microbioma sano, fondamentale per la sua salute da adulto sotto tanti aspetti di cui vi abbiamo parlato molte volte.
Il rischio per la salute di neonati e mamme
Questo solo per parlare dei danni alla salute diretti, e nel caso di utilizzo corretto del latte artificiale. A questi si sommano quelli altrettanto preoccupanti al sistema cognitivo, dal momento che il seno materno è la prima esperienza sensoriale del neonato. Ci sono poi quelli derivanti da un utilizzo sbagliato, ma verrebbe da dire inevitabile, del prodotto. Il principale mercato del latte surrogato è, infatti, nei paesi del terzo mondo, dove la polvere viene spesso sottodosata (per motivi di prezzo) e diluita con acqua non potabile, aumentandone a dismisura i rischi. Save the children stima un aumento di 9 volte del numero di bambini che muoiono di polmonite per questi motivi.
Un business in continua espansione
Ma, come abbiamo anticipato, i danni alla salute non riguardano i soli neonati. Anche per le madri, infatti, aumenta il rischio di sviluppare tumori alle ovaie o al seno nel caso non allattino personalmente. Insomma, la diffusione del latte surrogato ha i contorni di una vera e propria piaga. Sulla quale, è quasi pleonastico, le multinazionali produttrici hanno enormi responsabilità. Per le aggressive campagne pubblicitarie, che sponsorizzano questo prodotto come sano, sicuro e completo, certo. Ma non solo. Purtroppo utilizzano pratiche anche molto più scorrette, come offrire le prime forniture gratis alle neo-mamme, o addirittura la corruzione diretta di pediatri che hanno dimenticato il giuramento di Ippocrate.
Le autorità stanno a guardare, complici o impotenti
I margini di profitto del business del latte artificiale aumentano di anno in anno, in modo sorprendente. Come abbiamo già visto, aumentano ancora di più nelle zone del mondo più povere, dove meno ce lo si potrebbe permettere. Un mercato che in 20 anni è quintuplicato, senza che le organizzazioni demandate abbiano saputo o voluto porvi un freno, al di là di qualche generica raccomandazione di rito.
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3 commenti
Graziella D’Achille
Nel caso la madre non riesca ad allattare naturalmente, sarebbe consigliabile il latte d’asina, molto simile a quello materno e quindi super nutriente, adattabile e tollerabile sicuramente molto di più di quello artificiale..!
Benedetta
Infatti il latte d’asina si trova con una semplicità estrema..non raccontiamo barzellette!
Giuseppe
Ci ho pensato un po’ prima di autorizzare questo commento. Non perché non sia lecito dissentire o commentare un’asserzione. Devo però rilevare che il linguaggio con cui è espressa l’opinione non favorisce il dialogo e l’integrazione dei saperi. Bastava commentare con un semplice “Ho il dubbio che non sia molto semplice procurarsi il latte d’asina, lei per caso conosce qualche canale di approviggionamento semplice e sicuro?”. Il cambio di paradigma inizia dal cambiare il nostro modo di comunicare con i nostri simili.