Se alla sua nascita, negli anni ’80, il movimento slow food proponeva un cambiamento solo alimentare, con lo scorrere del tempo e la sua affermazione ha allargato a dismisura il suo ambito. Oggi la filosofia slow abbraccia un intero stile di vita, modellata con armonia sull’uomo, le sue abitudini e le sue esigenze, lontana dal modello della produttività a tutti i costi e della persona come ingranaggio del sistema. Nel 1986 il giornalista e scrittore Carlo Petrini, diventato personaggio noto scrivendo di enogastronomia su tutti i principali periodici di settore, pensò di proporre un manifesto che promuovesse una cucina basata su prodotti locali, naturali e salutari. L’occasione fu l’apertura a Roma, nella Piazza di Spagna simbolo della Dolce Vita, di un McDonald’s. Un pugno nell’occhio al quale la parte più sensibile dell’opinione pubblica si oppose con durezza. Ma Petrini non avrebbe mai pensato che quella mossa coraggiosa avrebbe dato il via a una rivoluzione, che avrebbe valicato i confini italiani per conquistare l’Europa e il mondo intero.
Oggi la vita “slow” è declinata in un ventaglio di espressioni, che si integrano e completano a vicenda. C’è la “slow economy”, che cerca di convogliare investimenti sulle piccole aziende, magari a conduzione familiare, allontanandoli da corporation e grande distribuzione. Lo “slow travel”, un nuovo modo di intendere la scoperta del mondo, privilegiando i luoghi vicini e l’integrazione con le culture ospiti, evitando di replicare modelli seriali in ogni angolo del globo. Le “Slow cities”, città che seguono un modello di sviluppo lontanissimo da quello delle megalopoli del passato e più simile alle piccole comunità del nord Europa, dove il traffico caotico non esiste e vigono silenzio e rispetto reciproco. La “slow education”, premessa di tutti i punti enunciati, che vuole aprire la mente dei bambini verso questo nuovo modo di intendere la vita, fatta di ritmi rilassati e comprensione profonda, e non di nozionismo esasperato per la creazioni di automi da lavoro.
Un successo di questa portata deriva da un’unica, evidente constatazione: Petrini aveva ragione da vendere. E non solo perché un McDonald a Piazza di Spagna non si può vedere, ma perché il nostro stile di vita ci sta distruggendo. E, assieme a noi, sta distruggendo tutto ciò che ci circonda. Lo stress, sottoprodotto di una società orientata all’accelerazione, è stato dichiarato dall’OMS “il male del secolo”. In Italia ne soffrono 9 persone su 10. Un numero incredibile, e che comporta a cascata un’infinità di altri problemi di salute, dall’aumento di rischio di contrarre il cancro ai pericoli cardiovascolari, all’ansia, all’ipertensione. La biodiversità, cioè la diversificazione delle razze viventi sul Pianeta, non è mai stata così a rischio, neanche ai tempi delle estinzioni di massa dei dinosauri. Colpa di ciò è il ricorso frenetico all’agricoltura intensiva e alla industrializzazione della coltivazione e degli allevamenti. Sementi prodotte da multinazionali, uguali in tutto il mondo, che colonizzano ogni spazio coltivabile sottraendo terreno ai piccoli agricoltori e alle loro produzioni e uccidendo la bio-diversità.
Una dieta slow food, per questo motivo, avrà un impatto positivo su di te, sulla tua vita e su quella del mondo che ti circonda. Mangerai cose più buone e più naturali, riscoprendo sapori che altrimenti tenderebbero a scomparire, riscoprendo le tradizioni del luogo in cui vivi. Prodotti unici, che ti aiuteranno ad apprezzare di più anche il gusto di ciò che scoprirai fuori dai tuoi confini. In più, aiuterai le persone del tuo territorio a vivere dignitosamente, con i frutti della loro terra, senza dover mendicare cappello alla mano qualche seme da qualche gigante dell’agroalimentare. Ancora, aiuterai la Vita attorno a te a rifiorire, specie animali e vegetali a riconquistare spazi che avevano perso. E, infine, vivrai più in salute, con meno stress, mangiando cibo non modificato geneticamente e quindi più sano e naturale.