Tolerabile est semel anno insanire
De civitate Dei 6,10- Sant’Agostino
Il Carnevale è da sempre la festa delle parate pubbliche, dei giochi in strada e di numerosi altri intrattenimenti che precede il tempo liturgico della Quaresima. La parola carnevale sembra derivare dal latino carnem levare, cioè, eliminare la carne e questo per indicare il banchetto del Martedì Grasso che precede il periodo di astinenza e digiuno dalle carni nella Quaresima. Le vere origini vanno però ricercate in epoche più remote, dai saturnali dell’antica Roma o dalle feste dionisiache del periodo classico greco. Durante queste festività era lecito lasciarsi andare dagli obblighi sociali e dalle gerarchie, per lasciar posto allo scherzo, al gioco, fino alla dissolutezza.
Da un punto di vista storico-religioso il carnevale rappresentò soprattutto il tempo del rinnovamento, durante il quale il caos sovvertiva l’ordine costituito, che però una volta terminate le festività, riemergeva con rinnovato rigore fino all’inizio del carnevale seguente.
Perché la data del Carnevale cambia ogni anno
Il Carnevale diversamente da altre festività non ha una data fissa ed è strettamente legato alla data della Pasqua. Il tempo di Carnevale, infatti, inizia la prima domenica delle nove che precedono quella di Pasqua, passa per il Giovedì Grasso e termina il martedì successivo, il martedì grasso, che a sua volta precede il Mercoledì delle Ceneri, giorno di inizio della Quaresima. Nell’Arcidiocesi di Milano, la Quaresima inizia di domenica. In questo modo la festa dura di più, terminando il sabato dopo le ceneri, allungando così di ben 4 giorni il Carnevalone.
Perché ci si maschera a Carnevale?
Come confermano diverse fonti, tra cui Apuleio, il travestimento è fatto risalire ad una festa in onore della dea egizia Iside, durante la quale erano presenti diversi gruppi mascherati. Questa usanza venne poi importata anche dagli antichi romani.
I colori e la voglia di travestirsi tipiche del carnevale accomunano molte città italiane.
Dal Carnevale di Venezia, di tradizione secolare, festa tra le più famose al mondo per lo sfarzo, per i costumi bellissimi e le tipiche maschere veneziane. Ai carri allegorici di Viareggio e quelli grotteschi di Acireale, vere e proprie opere d’arte, come pure la celebre battaglia delle Arance di Ivrea o le installazioni in cartapesta di Sciacca.
Le maschere frequentemente ci accompagnano nella vita
Costumi e maschere ci consentono di ribaltare la realtà con la fantasia, travestendoci in chi desideriamo essere, come a Carnevale, anche solo per un giorno. Un simbolo, quello della maschera, che non solo rappresenta un’evasione dalla routine quotidiana, ma anche una proiezione di aspirazioni e sentimenti celati, talvolta anche a noi stessi. La maschera ci permette anche di cambiare ruolo, come nella vita e a tutti può essere capitato di indossarne una in varie occasioni.
Le maschere diventano in questo caso strumento di adattamento alle circostanze, per reinventarci e andare avanti.
Questo tipo di maschera quotidianamente ci fa sentire di essere capaci di qualunque cosa, tenendo lontano quello che sentiamo possa danneggiarci. Insomma, una maschera come meccanismo di difesa consapevole o inconsapevole per proteggerci da potenziali minacce. Del resto, fin da bambini impariamo a indossarne una, quando ci rendiamo conto che in determinate circostanze non possiamo comportarci come vorremmo o semplicemente perché desideriamo essere accettati, amati e benvoluti.
Così, fino ad arrivare ad averne una in società, una a lavoro, talvolta anche in famiglia, quando non ci si sente visti e riconosciuti per quello che si è in profondità.
In alcuni ambiti possono sicuramente essere la nostra salvezza, in altri ci limitano, fino a divenire la nostra condanna, allontanandoci dall’esprimere le nostre emozioni, i nostri veri desideri e vivere fino in fondo i nostri ideali.
È possibile liberarsi dalle maschere
Quando la nostra narrazione quotidiana è terminata, torniamo a casa. Guardandoci allo specchio possiamo riconnetterci con il nostro essere autentico. Approfittiamone per osservare chi siamo davvero, con le nostre zone di luce e di ombra. Chi non ne ha. Iniziamo col chiederci chi siamo veramente, cosa proteggiamo, cosa difendiamo, di cosa ci sentiamo fatti, cosa chiede di vivere in noi e al di fuori di noi. Solo cominciando a porci queste domande possiamo aiutarci a mostrare al mondo il nostro vero volto.Potremmo allora approfittare di questo carnevale come stimolo ad agire, ad abbandonare percorsi che non ci sono utili, a cambiare pelle, mantenendo il contatto con il nostro centro, la nostra essenza.
Omeopatia tra sintomi e segni
Spesso in omeopatia usiamo delle immagini dei rimedi per caratterizzare delle specifiche e peculiari personalità, per identificare vari temperamenti. Vediamone qualcuno tra i più diffusi e che possiamo facilmente ritrovare intorno a noi, ma forse a tratti anche in noi stessi.
Vi presento il Lycopodium, una pianta presente da 400 milioni di anni.
Utile come rimedio alle persone che lavorano molto per raggiungere una posizione importante e di potere, anche sugli altri. L’arrivista curato, di bell’aspetto, cool, sicuro di sé. Da molto valore all’esteriorità. Il motto che lo anima è Apparire prima di essere.
Tuttavia, dietro questa maschera di successo si nasconde sempre una piantina piccola e insicura. Quindi il Lycopodium ha bisogno di molta energia per sostenere la facciata e, in aggiunta, prova la costante paura che qualcuno possa scoprire il suo bluff.
Il Lycopodium porta le tracce di questa lotta interiore anche in volto: aspetto da vecchio, rughe sulla fronte, profondi solchi ai lati del naso.
Ma facciamo spazio a Platina, la Regina. Tutto ciò che le riguarda è raro, prezioso e intellettuale. Si sente speciale ma al tempo stesso esclusa dalle persone comuni con cui non può mescolarsi o confondersi. Non riesce a formare relazioni con altre persone proprio come il platino, metallo nobile, non forma facilmente composti. Così in Platina c’è anche una forte sensazione di solitudine e di isolamento. Una regina sì, ma sola, con la sensazione di fondo di essere umiliata, di essere piccola e di dover diventare grande. Per questo spinge sé stessa a raggiungere vette sempre più importanti. Il suo potere è legato allo sfoggio che fa della sua superiorità sugli altri.
Natrum Muriaticum, il clown dal cuore spezzato
L’azione del clown ha sempre un duplice scopo: aiuta Natrium muriaticum a dimenticare la sofferenza del suo cuore e nel fare questo attira l’approvazione degli altri, approvazione che genera e che usa come surrogato d’amore. Come quei bambini che compulsivamente fanno i buffoni a scuola per attirare l’attenzione su di sé. Persone intelligenti che usano il rapido pensiero per fare giochi di parole, argute osservazioni in risposta a qualunque cosa venga detta. Incapaci per questo di sostenere una conversazione seria, anche per pochi secondi.
Il sarcasmo non è una prerogativa di Natrum m. ma è uno dei suoi più comuni meccanismi di difesa. Tutto questo permette a Natrum di appagare la sua tendenza teatrale e perciò di evitare di mostrare i suoi reali sentimenti. Il tema centrale è ridere e far ridere gli altri per evitare di mostrare le lacrime.
Se Natrum è il clown, Mercurius solubilis è il giullare, ma anche il mago il fante e l’imperatore. Un archetipo affascinante che unisce l’innocenza, la saggezza e l’imbroglione. Il giullare Mercurius è allegro, birichino e perspicace, ma anche sincero e semplicione.
L’imbroglione ci convincerà delle cose, ci persuaderà con l’imbroglio a scegliere la via sbagliata, fino ad acquistare il peggiore abito possibile.
Lascia la tua maschera e vivi libero
Ciò che ho descritto rappresenta solo un punto di vista di questi rimedi.
Ogni rimedio ha un raggio d’azione più ampio e più profondo. La scelta del rimedio tiene sempre conto della connessione che unisce i sintomi del paziente con le sue false percezioni di fondo, con il miasma a cui appartiene, con i suoi i sintomi fisici generali e locali, i sintomi psicologici, considerando ogni sintomo come uno degli aspetti dell’unica totalità.
Spesso la visita omeopatica sorprende a chi ne fa esperienza per la prima volta.
A differenza delle visite mediche a cui siamo abituati, la visita del medico omeopata si caratterizza per un’attenta e differente osservazione, dove il contributo del paziente è di fondamentale importanza. Gli viene chiesta una partecipazione attiva, di parlare liberamente di sé, della propria salute, della vita e dei problemi, in un rapporto di fiducia reciproca, libero di esprimersi e di parlare senza pregiudizi, imbarazzi e timori. Dopo un primo ascolto spontaneo, l’omeopata raccoglie tutte le informazioni che non sono ancora emerse, approfondendo il modo particolare con cui la persona percepisce e vive la propria vita, con quale stato d’animo la affronta.
Non manca di chiedergli delle sue possibili paure, dei sogni notturni e della qualità del sonno, chiarisce il temperamento, il rapporto con la natura, con la spiritualità, con il denaro, con il lavoro, la sua affettività. E chiaramente a tutto ciò segue l’esame obiettivo.
Esiste il malato, non la malattia
Questa frase sottende un valore profondo e irrinunciabile, una visione umanistica e non solo tecnico-strumentale come quella della medicina attuale. L’omeopata ha un profondo rispetto per l’individualità del paziente nella sua espressione unica e complessa e non si occuperà mai solo della malattia per la quale è stato richiesto il suo intervento. Scopo principale ed unico del medico è di rendere sani i malati, ossia, come si dice, di guarirli (I par. dell’Organon – S.Hahnemann). Non può esserci guarigione senza apertura alla vita. Permettiamo quindi alla gioia di vita di riempire tutto il nostro essere in pienezza.
L’amore e la felicità non vengono dal di fuori ma dal di dentro.