L’altro giorno mi è capitato tra le mani l’ennesimo articolo sull’Omeopatia giudicata “acqua fresca“ e/o “placebo.” … e così via.
Ma quando la finiremo?!
Mi sono messa a ripensare a “casi” a me accaduti e mi sono soffermata su uno dove l’acqua, quella corrente del rubinetto, la faceva da padrona, ma il placebo no.
Mio figlio aveva regalato a noi genitori per il Natale due pesci, uno rosso e uno nero dotato di veli, inquietanti e sinuosi. Non ricordo quale dei due fosse destinato a me, ma ricordo che quello rosso, forse, non apprezzando la compagnia del nero, aveva pensato di passare a miglior vita velocemente, lasciando il nero da solo.
Nel novembre successivo, il giorno del mio compleanno, c’era molto fermento in casa per i “festeggiamenti” serali. Chiesi a mio marito di cambiare l’acqua al pesce nero. In effetti lui non l’aveva mai fatto prima e, senza pensarci, immerse il povero pesce in acqua bollente… Grido immediato di aiuto di mio marito, spaventato… Il povero pesce non dava segni completamente inerme e con tutte le squame come “girate”, che gli facevano assumere un colore dorato. La domestica fu la prima a correre in soccorso e buttò lo sventurato nell’acqua fredda.
Povero pesce, da nero e oro, con veli pendenti e sottoposto a doppio shock termico, come se dovesse fare un percorso circolatorio per le gambe.
A questo punto arrivai io, naturalmente gridando contro gli inetti, presi la boccia col pesce galleggiante, e il primo soccorso trovato nel cassetto, Aconitum 9CH granuli. Subito buttai dentro 10 granuli nell’acqua vicino al ”morto”. Poi ne sciolsi una monodose in acqua a parte e ogni cinque minuti ne aggiungevo accanto a lui. Nessun segno di vita. Continuai imperterrita per 1 ora, 1 ora e mezzo. Non mi rassegnavo, ero dispiaciuta per quella fine terrifica, tra congelamento previa cottura, e per mio figlio, il donatore.
Ed ecco, piano piano, qualche piccolo movimento di pinna, qualche sussulto… A poco a poco qualche squama dorata incominciava a imbrunire. Continuai a somministrare Aconitum come prima. Nel giro di tre ore, il pesce era tornato nero, ancora poco natante , anche se girato già da sdraiato alla posizione verticale, un po’ rimbambito e disorientato. Iniziai a diradare la somministrazione di Aconitum. Dopo altre tre ore era resuscitato e guizzava felice di partecipare alla festa.
La sua energia vitale era stata ripristinata dal rimedio.
Era andata bene!!!
E terminai la cura.
Ora chiedo a tutti: si potrebbe parlare di placebo in questo caso, per tale rimedio così utilizzato con il pesce?
A voi il piacere di meditare la risposta.
Intanto una piccola presentazione di Aconitum napellus:
Aconitum è una pianta dei boschi montani, con bei fiori blu scuro e fa parte della famiglia delle Ranuncolacee. È un grande rimedio dell’acuto, intenso e forte, sia fisico che mentale. Spazia dal raffreddore e sintomi respiratori, alla febbre improvvisa ed elevata con brividi, sete intensa, freddo e pelle bruciante, alle nevralgie di ogni genere, al Terrore della Morte.
Tra le modalità di aggravamento ci sono il freddo( colpo di freddo intenso), prevalentemente secco, il caldo eccessivo (colpo di calore) e il vento.
Questi sono solo una carrellata dei sintomi, un po’ succinta e riduttiva, per il bellissimo Aconitum.
Qui, in questo caso si poteva fare di meglio, diranno gli esperti omeopati, ma data l’urgenza del momento, questo rimedio, il più simile in quei minuti, era a portata di mano.
Ecco, quindi, molto di Aconitum concentrato in questa breve storia del pesce nero, che continuò a vivere per atri 6 mesi indisturbato fino alla sua morte naturale.
Mi sarebbe piaciuto chiedergli, come giusto devono fare gli omeopati, qualcosa sulle sue paure in quel momento acuto… Sicuramente mi avrebbe risposto: PAURA DELLA MORTE, che gli era passata molto da vicino e certamente anche PAURA DI MIO MARITO, che potrei aggiungere al repertorio personale.
Concludendo: conoscendo e praticando da medici esperti l’Omeopatia, seppure in modo semplice ed elementare, come in questo caso, ci si può trasformare temporaneamente e per necessità di un primo intervento, in veterinari e anche in agronomi, se avete piante sofferenti in casa, ottenendo risultati che non potrebbero mai essere giudicati come “placebo”.
Poi i veterinari e gli agronomi omeopati proseguiranno al meglio con le loro esperienze sul caso.