Quante persone incontra in un giorno, in una settimana, un mese, un anno, chi si occupa di Salute. Tantissime. Quanti volti, sguardi, età, situazioni, emozioni, sofferenze, a volte anche gioie.
Quando si ha davanti una persona, credo che la cosa che andrebbe sempre evitata, oltre all’atteggiamento critico e giudicante, sia il tentativo di interpretare ciò che ci sta raccontando di sé e della sua storia. Il racconto è un momento di assoluta fiducia e intimità tra il paziente e chi lo ascolta. Ascolto e sentire sono le parole chiave.
La Medicina della Persona fonda le sue basi su questo, l’individualità ed il racconto.
Spesso, persone che riferiscono di problemi di salute, hanno esami di laboratorio con valori perfettamente nella norma.
Ma una personale e veloce interpretazione, minimizzando i sintomi, ritengo non essere la modalità migliore per poter, in seguito, fornire un percorso di aiuto.
Il corretto atteggiamento, penso sia la lettura, intesa come ascolto.
Quando da bambini ci raccontavano le favole, rimanevamo affascinati ed in ascolto di quelle storie. Immaginavamo situazioni, ci immedesinavamo nei personaggi, li sentivamo attraverso ciò che ci veniva trasferito.
Attenzione e ascolto.
Si legge anche ascoltando chi racconta la storia, nonostante non si abbia il libro in mano. E si sente. L’interpretazione andrebbe lasciata al paziente, liberamente. È lui/lei infatti che si racconta e si ri-vive e percepisce in quel momento, piangendo, ridendo, cominciando a sfogliarsi e spogliarsi di ruoli acquisiti e non naturali, alleggerendosi, pagina dopo pagina.
Mi è capitato ultimamente, ad esempio, di vedere una bellissima coppia.
La moglie aveva chiesto al marito di accompagnarla all’incontro e rimanere presente durante il consulto.
È arrivata da me per violenti attacchi di panico con dolorose contrazioni gastrointestinali, forti conati di vomito a vuoto, momenti di profonda tristezza e pianto.
Mentre mi racconta del suo stato di salute e del desiderio di risolvere i suoi disagi, noto che, ad alcune mie domande che riguardano sé stessa e la sua personalità, si blocca immagonandosi, e, prima di rispondere, si gira verso il marito e lo guarda. Il marito rimane partecipe ma in assoluto silenzio, evitando di restituire lo sguardo.
Al che, dopo una di queste domande, colta questa tacita richiesta di aiuto della donna al marito, per stemperare la tensione, sorridendo e un pò giocosamente, aggiungo:
“La parola all’avvocato, se desidera aggiungere qualcosa..”
La paziente si rilassa e ride, intanto riprende respiro.
Il marito, spiazzato ma subito pronto, reagisce in modo altrettanto ironico e giocoso rispondendo:
“Difensore o della controparte?”
Propongo di difendere colei che risiede nella moglie e non può parlare, la controparte.
Da questa spontanea scenetta, il marito, descrive la vera natura della moglie, con tutto ciò che di lei aveva conosciuto, e che, da tempo, dopo la nascita dei due figli ed un cambio di lavoro, non vede più.
Finalmente si guardano.
Aspetto qualche istante e rappresento io, attraverso alcuni archetipi dei Fiori di Bach, i comportamenti che hanno sostituito e preso forza nella donna a discapito della sua autenticità.
Toccando precisi tasti è avvenuto lo sblocco.
Complice la sana ed amorevole ironia di una figura familiare, oltre alla mia, che ha indebolito e messo all’angolo un atteggiamento di rigidità ed eccessivo senso del dovere, per la forte paura di essere giudicati e deludere. Il fisico ha risposto con senso di soffocamento, (l’identità), il dolore della perdita (contatto con sé stessi), rifiuto di quello stato d’animo e atteggiamento alla vita.
Tutto nato da l’autoprivazione di ogni piacere, del comportarsi liberamente e spontaneamente, con tutte le sue ripercussioni psicoemotive e fisiologiche.
La paziente si è raccontata, vista e sentita.
Aldilà del corretto percorso terapeutico, valutate le priorità mano mano che si prosegue, ciò su cui ancora una volta era mia intenzione porre l’accento, è l’aspetto interiore della persona.
Allontanarsi dal proprio Io, quello che nella sua unicità e disegno di vita ci rappresenta e ci conduce verso persone e situazioni che vibrano con la nostra maturità e consapevolezza interiore, non può che portare a disagio individuale, affettivo, sociale, con conseguente possibile malattia se non riconosciuto ed affrontato sui tre piani: fisico, mentale, spirituale.
Ogni manifestazione psicofisica andrebbe vista come segnale da parte dell’organismo affinché un problema funzionale, psicologico o un allontanamento da sè stessi possa venir percepito e risolto.
Sono soprattutto gli organi emuntori che si esprimono fisicamente in questo senso. Un problema di pelle, della respirazione, dell’ apparato intestinale, dei fluidi corporei, con possibili manifestazioni quali: dermatiti, irritazioni, problemi digestivi, disbiosi, asma, ansia, umore altalenante, insonnia.
Anche il sistema endocrino può venir coinvolto segnalando una perdita dell’ omeostasi fisiologica e problemi ormonali.
Ogni emozione ha una casa, un distretto corporeo dove alloggiare e portare un messaggio.
A livello mentale ed interiore invece sono gli stati emotivi ad aggiungere informazioni riguardo a ciò che sta andando contro la nostra vera natura, contro ciò che si è, la strada maestra.
Raggiunto un certo grado di malessere e squilibrio psicofisico è indispensabile l’aiuto di una figura specialistica nell’ambito della Salute che ci accompagni a ritrovare l’autenticità insieme agli equilibri perduti, in direzione del nostro benessere, psico-emotivo, fisico, spirituale.
Chi sono io?
Di che terreno ho bisogno per stare bene?
Di quale ambiente?
Vivo nella luce o nel buio?
C’è Amore nella mia vita?
C’è nutrimento, passione, gioia?
Abbiamo infinite risorse e potenziali a cui attingere per superare malesseri e disagi.
Ma l’unica persona che dobbiamo interpretare è noi stessi.
“La fragilità di un essere umano è condizione preziosa per entrare nel proprio stato naturale di libertà. Da quando nasciamo ci fanno credere il contrario; veniamo educati a generare una forza non reale che è solo rigidità, resistenza alla vita. Cresce con noi un ideale di perfezione pericoloso che non ci permette di essere noi stessi, che non accetta la debolezza umana.”
La nostra natura divina si manifesta quando l’essere umano diventa consapevole della propria condizione di immensa fragilità e cede.”
Alice Miller