L’acqua ossigenata può essere utilizzata come misura anti contagio, o nelle primissime fasi dell’infezione. Lo attesta uno studio condotto da un gruppo di ricercatori napoletani, pubblicato sulla rivista Infection Control & Hospital Epidemiology. Lo studio è stato redatto da Arturo Armone Caruso, direttore sanitario dell’Aias di Afragola e responsabile dell’Uo di Diagnostica Orl e Citologia nasale, Antonio Del Prete, docente di Oftalmologia dell’Università Federico II di Napoli, Antonio Ivan Lazzarino, ricercatore dell’Agency of clinical research and medical statistics di Londra; Lucia Grumetto, docente del dipartimento di Farmacia della Federico II e Roberto Capaldi, medico.
Spiega il dott. Antonio Del Prete che i gargarismi con il periossido d’idrogeno (la comune acqua ossigeata) possono essere una misura da affiancare al lavaggio delle mani ed all’uso della mascherina, come strumento di prevensione. Infatti, il Sars-CoV-2 prima di raggiungere la mucosa tracheale, “staziona” sul muco che ricopre le cellule epiteliali per poi avanzare fino ad dove gli sarà più facile replicarsi.
“L’efficacia del perossido di idrogeno – continua Del Prete – è da ricondursi non solo alle sue ben documentate proprietà ossidanti e di rimozione meccanica, ma anche grazie all’induzione della risposta immunitaria innata antivirale mediante sovraespressione del TLR3 (Toll Like 3), riducendo pertanto complessivamente la progressione dell’infezione dalle alte alle basse vie respiratorie. L’effettiva azione di tale trattamento potrà essere verificata attraverso trial clinici su un ampio numeri di soggetti mediante una significativa negativizzazione dei tamponi in pazienti positivi al Covid-19 senza e con sintomatologia lieve/moderata, immediatamente dopo la diagnosi conclamata di infezione da Covid-19 e conseguente riduzione del numero di richieste di ospedalizzazione”
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