Non tira una bella aria nei laboratori di Astrazeneca, la multinazionale britannico-svedese che sta realizzando il cosiddetto “vaccino di Oxford” contro il Sars-Cov-2. I test clinici sul vaccino sono stati sospesi in fretta e furia, ieri, dopo che uno dei partecipanti ha accusato una reazione avversa. Voci raccolte dal New York Times parlano di una mielite traversa, una malattia grave che, se confermata, potrebbe rappresentare uno stop repentino alla ricerca dell’ “arma definitiva contro il nuovo coronavirus”. Secondo il quotidiano della Grande Mela il volontario stava partecipando nel Regno Unito alle fasi 2/3 della sperimentazione.
Una brutta gatta da pelare per il team di Oxford che, al di là delle dichiarazioni di rito e agli inviti alla prudenza – “non ci sono conferme che la malattia sia legata al vaccino”, “non ci sarà alcun ritardo nella consegna”, “si tratta solo di uno stop precauzionale” – si trova a dover affrontare un ostacolo che potrebbe definitivamente minare la fiducia del pubblico verso una soluzione che già aveva sollevato numerose perplessità, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, in particolare per quanto riguarda le frettolose tempistiche dei test e i metodi di reclutamento dei volontari. La mielite, infatti, è un’infiammazione che colpisce il midollo spinale ed è spesso innescata da infezioni virali. Alcuni soggetti risultano particolarmente vulnerabili alla malattia, in particolare se affetti da altre patologie come la sclerosi multipla, la neuromielite ottica, la malattia di Lyme o il lupus, oppure in persone che assumono determinati farmaci. Le conseguenze possono essere anche molto serie, e arrivare a paresi permanenti.
“Il nostro processo standard di revisione dei test ha fatti scattare una pausa – ha provato a gettare acqua sul fuoco un portavoce di Astrazeneca – Si tratta di un’azione di routine che si verifica ogni volta che c’è una potenziale reazione inspiegata in uno dei test, che consente il tempo di indagare e assicurare allo stesso tempo il mantenimento dell’integrità del processo dei test. Nel corso degli esperimenti, più ampi reazioni possono accadere per caso ma devono essere indipendentemente valutate con attenzione” Le parole rassicuranti non hanno però evitato un pesante tonfo all’azienda, precipitata del 6% in borsa al momento della diffusione della notizia.
Molti ora si chiedono cosa ne sarà delle tante dosi acquistate dalla UE. La Commissione europea ha infatti firmato a fine agosto con Astrazeneca il primo contratto di acquisto anticipato di vaccini anti-Covid a nome dei Paesi membri Ue. Al vaccino collabora la società Irbm di Pomezia (Lazio). Si parla di 300 milioni di dosi con l’opzione per ulteriori 100 milioni. Una valanga di soldi, quindi. In capo a chi cadranno eventuali responsabilità, laddove il vaccino dovesse rivelarsi inefficace o addirittura dannoso? La velocità con cui ci si sta affrettando a metterlo sul mercato, infatti, solleva più di qualche perplessità. Da Bruxelles fanno sapere che l’Ue “non cambierà le regole sulla responsabilità” sulla sicurezza dei farmaci. Gli Stati membri potranno indennizzare il produttore per le responsabilità sostenute, ma, come da indicazioni di Bruxelles, la responsabilità per la sicurezza del farmaco resta in capo alle società.