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4 Marzo, 2022

Calcarea carbonica

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Madida, la terra.
Con un rullo di calore
l’estate s’insinua nella lenta zolla
e la dura polvere vanifica
il lavoro giornaliero.
Nel caldo respiro della notte
si torcono ordine e routine,
il dubbio ha lo sguardo vitreo di un Dio perduto,
le speranze sono occhi ciechi
dispersi nello specchio infinito del tempo.
Il sopore dell’infanzia
ristagna nei visceri freddi;
l’ansia, a rapidi spasmi,
ne incrina la sicurezza,
obesa e inerte.
Nel buio della ragione
l’ossessione diventa
il gelido fantasma
di un mondo estraneo e ostile,
troppo veloce per un passo prudente
che rincorre supino.
L’abitudine indossa gesti grigi
e non serve a raggiungere
l’ipocrisia del successo;
rispetto e dovere
si raggrumano
tra gli spazi di un cuore
che non scalda.
Tra le dita del vento umido
un vecchio ramo si spezza,
la linfa dolorosa traspare
dall’arido legno,
l’ora è un insetto impazzito
che si posa sul tronco ferito
e ne succhia la vita.
I vecchi alberi muoiono soli.