Mezzanotte. Rannicchiato sul sedile della sua Alfa 75, Alfredo attendeva che la notte rotolasse verso il buio più profondo. Le automobili gli passavano accanto, scagliando frecce di luce che strisciavano sull’asfalto e si perdevano nel fitto tendaggio degli alberi. Tossì. I gas di scarico risalivano come vermi dalle narici fino ai polmoni sollevando lembi di muco che gli serravano la gola. Guardò l’orologio. Mezzanotte e un minuto. Al cellulare, qualche ora prima, aveva ricevuto l’sms del capo: “Il lavoro deve essere fatto alla camera 21 dell’albergo Santa Fè, esattamente alle 4 del mattino. L’albergo si trova in via della Tibia 14.” Via della Tibia o Largo Tibia? Non se lo ricordava poiché aveva cancellato il messaggio troppo in fretta. Infilò la sua Magnum 44 nello zaino e uscì dall’abitacolo.
Quando fu sul marciapiede guardò innanzi a sé. A causa dell’agitazione aveva scordato gli occhiali da vista sul comodino e da quella prospettiva l’insegna al neon dell’albergo sembrava una macchia di fuoco che baluginava su uno sfondo di plastica scura. Come un animale notturno, lui si mosse strisciando, fiutando ad ogni metro l’aria per cogliere segnali di pericolo. Avvertì solo uno strano prurito alle punta delle dita. Era finito in mezzo alle ortiche! Superò il muro di cinta e si avvicinò ad una finestra del piano terra. Passò una mano sull’alone di vapore generato dal suo fiato sul vetro e si ficcò un passamontagna in testa. Di colpo non vide più nulla. Iniziò ad avvertire i primi segnali di un attacco d’asma e un fiotto di terrore gli scoppiò nella mente. Si calmò solo quando si accorse di essersi infilato il passamontagna dalla parte sbagliata. Per darsi coraggio trangugiò un sorso di brandy. Guardò l’orologio. Mezzanotte e cinque minuti. Posò a terra lo zaino e usò un cacciavite per aprire la finestra che si spalancò con uno schianto secco. Stette in ascolto. Udì solo il suo cuore ballare una samba sfrenata contro il petto. In quel momento lui aveva freddo, tremava e sudava da fare schifo. Cercò il rimedio omeopatico Sulphuricum acidum, l’unica sostanza che riusciva a dargli un poco di calma. Non lo trovò. Realizzò di averlo dimenticato sul comodino.
Guardò l’orologio. Mezzanotte e sei minuti. – Era ancora troppo presto. Saltò sul davanzale e, con la torcia elettrica in mano, si lasciò scivolare all’interno. La stanza era completamente buia e la sua torcia elettrica non si accese poiché aveva scordato le pile nel cruscotto dell’automobile. Quando una luce gli esplose in faccia, lui cercò di impugnare la pistola ma si accorse che, preso dalla smania di entrare, aveva lasciato lo zaino all’esterno. – Cosa ci fai qua?- Domandò l’uomo con la divisa da carabiniere. Mentalmente Alfredo ripercorse le ore precedenti. Per timore di arrivare in ritardo aveva mangiato in fretta ed era uscito di casa con tre ore di anticipo. Per lo stesso motivo aveva guidato a tutta velocità, con una tale ansia che si era perso. Poi, trovata via della Tibia, aveva accostato la sua automobile al lato della strada. Purtroppo era la via sbagliata e lì c’era la caserma dei carabinieri. Guardò il carabiniere e disse:- “Maledetta fretta!”- Il carabiniere gli mise un paio di manette intorno ai polsi. – Sei entrato in zona militare. Dovrai andare davanti al giudice.- Mentre le sbarre della prigione gli si chiudevano alle spalle, Alfredo pensò che se chiedeva un processo con rito abbreviato, avrebbe ottenuto uno sconto di pena e sarebbe uscito in fretta!