“Gli Ex sono come i samurai giapponesi, non si arrendono mai”.
Stanno lì accucciati, invisibili, ma presenti, in attesa silenziosa, pronti a esternarsi nei momenti più imprevedibili. Di giorno, di notte, la sera a cena, quando non sei sola.
E passano sì delle settimane, ore e giorni, ma poi riemergono come zombie terribili, ricordandoti che comunque un tempo “stemmo insieme”.
Cancellare non si può, confessare non è di aiuto, far finta di niente è ridicolo.
Allora non rimane altro che scordare, annientare, distruggere ricordi belli e brutti, regali, messaggi, foto, selfie, profumi e odori, cancellare, cancellare tutto di lui. Così ho fatto.
“Mi vuoi ancora? Ma è finita lo vuoi capire? Guarda che ti denuncio! Inutilmente urli la tua perdita, e comunque non mi avrai mai più, la tua presunta sindrome di appartenenza è solo follia nella tua testa e nulla più”.
Stop.
Si incammina e corre al tramonto la nostra Sepia, longilinea alta e magra. Capelli corvini legati a coda, la pelle già abbronzata, il ventre piatto, il viso magro, la bocca aperta dalle labbra sottili.
Corre sul ponte bianco di Roma quello in Prati, che a destra continua il lungotevere Diaz.
Suda poco, con il solito viso arrossato a farfalla, ma oggi si sente in forma, le caviglie non le dolgono e la circolazione alle gambe non sembra appesantirla.
Già percorsi 4km e 300, dice lo smartwatch nero al polso, rimangono ancora 1300 metri per l’arco di ponte Milvio l’arrivo deciso, lì ha il motorino in piazzetta.
“Nooo, cioè si, è lui, appoggiato al mio scooter, ancora, non si arrende”! (parolaccia).
Mi aspetta lì, con aria curva e pina, oggi senza luce o rabbia negli occhi, né nel suo essere che adesso è mite e trasandato.
Non è uno stalker, è solo un ragazzo triste e svuotato, malato del suo stesso amore, vittima del suo cuore.
Mi avvicino affannata con la sola voglia di andar via subito, di non sentire parola, di allontanarmi da lui.
Mi ferma il braccio già proteso al bloccasterzo, e guardandomi di traverso, ma con voce chiara mi dice: “finalmente mi sono liberato di te, del lucchetto temperato chiuso su questo ponte che mi legava a te, ai nostri sogni, ai nostri progetti, al nostro amore. Ora finalmente Libero”.
E poi pronuncia come sognando e con gli occhi bassi: “Addio e per sempre addio Cassio, se mai ci rincontreremo avremo il sorriso sulle labbra, altrimenti valga questo quale ottimo congedo”.
E così girò le spalle e se ne andò via per sempre da sé e da me.
#isupporthomeopathy