Incredibile, puntuale si ferma il mio sonno alle sei in punto. Da almeno più di un mese. Mi sveglio, così, di colpo senza un perché, un motivo, un sogno, un incubo. E non mi vergogno a dirlo: mi sveglia a volte l’allucinazione del campanello della porta di casa che sento trillare nella mia testa nitidamente. Mi giro, mi rigiro, poi irritato, decido di alzarmi perché la voglia di un caffettone americano e una sigaretta ha il suo fascino malevolo a quell’ora. Sei e mezza e i giochi son fatti. Sveglio come una allodola.
Ed è appena l’alba dal mio terrazzino del Vomero, su una Napoli ancora ferma, ma pronta di nuovo a partire, come un centometrista dalle caviglie tese sui blocchi. Ritrovo il mio letto con Carla dormiente, sempre di fianco. Mi riaccuccio, me la stringo, me la incollo al mio torace, accorto però di non svegliarla. Questo momento mi calma, mi riscalda, mi rilassa, ma riaddormentarsi, figurati. Allora forza e coraggio, solita routine di abluzioni, oggi però più accurate del solito. Perché, eh perché….
Avrei un caffettino alle 11, forse galante(?) niente di che, dico, con una segretaria dello staff management web. Carina. Mi vuole incontrare fuori, in privato. “Dobbiamo parlare di una serie di faccende, poi le spiego”. Io starò al mio posto lei al suo certamente, ma qualcosa in questa storia non quadra. Mi ricordo in ufficio il suo primo giorno di lavoro, sguardi più lunghi del solito incorniciati da occhi al rimmel, sospiri su un rossetto delicato, la voce sussurrata, e mai una risata aperta. Sofia, si chiama Sofia, oddio mi pare. E sì è da poco più di un mese che è nell’organico dell’azienda, un mese proprio dall’inizio della mia insonnia.
Esco. Io nel mio completo questa volta blu elettrico, su una camicia grigio pallido senza cravatta, faccio come dire, la mia figura. Brizzolato e fluente nella capigliatura finto scarmigliata conosco tutti i trucchi nel lavoro come in amore. Ne ho fatta di gavetta in entrambi i fronti, e so come manipolarli, intrecciarli, utilizzarli passando da uno all’altro. Ore 11, ho scelto un bar centrale a via Toledo, possiamo star fuori sotto al fungo, senza mascherine alla Zorro.
Puntuale arriva dal nostro ufficio. No la descriverò, ve la faccio immaginare, ognuno come vuole, posso soltanto descrivere quello che sentii. Sgomento, ansia, tenerezza, bagliore, paralisi, follia. Follia. Non capii nulla di quello che diceva, annuivo senza sentire, in quel bar all’aperto, affollato e caotico. Perché friggevo sì, sfrigolavo come una zeppola calda della friggitoria dei cuoppi da Tonino, più avanti. Finalmente lo strazio finì con un saluto. Calorosa la mia mano e fredda la sua. Poi, via, senza meta, a testa bassa, con un trattore nello stomaco. Follia mi ripetevo, follia.
Fermo immagine, stop. Uomo che cammina stralunato per una via del centro. Esterno giorno. Stramonium, una 9CH, granuli, tre granuli al dì, spesso. Rescue Remedy 3 gocce sublinguali al bisogno. Non aggiungiamo altro a questi accadimenti, e siamo in attesa di notizie di quest’uomo come del suo sonno.