La Corte di Cassazione ha confermato pochi giorni fa la condanna inflitta a Dani Vanes, il gestore di una casa per anziani a San Lazzaro. L’uomo somministrava agli ospiti della struttura “farmaci ad azione psicotropa in modo abnorme, al fine di ridurre i soggetti in uno stato di costante torpore”. L’ospizio, in pratica, era diventato un grande psico-lager, dove gli anziani venivano drogati con psicofarmaci e sedativi per tenerli in uno stato catatonico perenne, in modo da non creare problemi.
Invecchiare è un privilegio, ma a che prezzo?
La vicenda di San Lazzaro fa gelare il sangue, alimentando le paure dei tanti parenti restii ad affidare le persone in terza età a questo tipo di strutture. E pone tutti noi di fronte a una delle stridenti contraddizioni di una società che vede alzarsi ogni giorno di più l’età media della sua popolazione. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2000, nel mondo c’erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050. Numeri del genere ci obbligano a valutare con molta attenzione il nostro rapporto con la terza e quarta età, con le sfide che una popolazione sempre più anziana comporta, e sui benefici che possiamo trarne.
Il necessario impegno dello Stato per una vita lunga e di qualità
Tutti noi desideriamo una vita lunga. Ma una vita lunga è un privilegio solo se non è accompagnata da un’eccessiva perdita di qualità. L’avanzare dell’età porta con sé un fisiologico aumento di malattie non trasmissibili, in particolare quelle degenerative e quelle cardiache. Tale incremento comporta un aumento dei costi di sanità pubblica, la nostra società è disposta a sostenere queste spese?
Un approccio più lungimirante può portare grandi benefici da questo punto di vista: uno stile di vita sano e una buona alimentazione possono ridurre l’incidenza di queste e altre patologie, con un risultato “win-win” per la felicità dell’anziano e per le casse pubbliche. Di grande aiuto sarebbe un più largo e sistematico impiego di medicine integrative a impatto zero dal punto di vista degli effetti iatrogeni. Per ottenere questi risultati serve però un impegno diretto dello Stato.
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