Un blog ideato da CeMON

1 Giugno, 2021

Amare se stesso: Compiacimento o…compimento ? (4° parte)

Nessuna immagine disponibile

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Ogni lunedì riceverai una ricca newsletter che propone gli articoli più interessanti della settimana e molto altro.
Tempo di lettura: 7 minuti

Oggi l’idea generale di “amarsi” è alimentata dallo spirito dei tempi attuali, che è fortemente edonistico e partecipa al pensiero dominante che si e’ sviluppato nella nostra cultura globalizzata dopo la postmodernità. 

Gli esseri umani vivono la delusione devastante della perdita di ideali e dei valori fondanti quali la giustizia, la verità, la gentilezza e la bellezza. Vittime dei disastri culturali, arresi a poteri politici schiaccianti, viviamo uno smarrimento ideologico, ogni pensiero di etica trascendente e  sostanziale viene sospeso. E’ questo il processo di disumanizzazione travolgente e crescente che si è sviluppato rapidamente fino ad oggi.

L’edonismo e’ stato spinto dal vorace consumismo capitalista, a diventare il “modus vivendi” di sopravvivenza generale e si riferisce a qualsiasi filosofia, scuola o pensiero che identifica il bene morale con il piacere come suprema categoria ed ultimo fine degli esseri umani. Cioè, l’idea generale abbracciata fino alle sue estreme conseguenze dal commercio globalizzato, è che esistiamo principalmente per compiacere noi stessi.  E questo si cristallizza in una continua ed unica ricerca del piacere e del benessere sensuale e immediato in tutti gli ambiti della vita.

Potremmo dire di sì e di no. 

E’ vero.

Perche’ fare tutto ciò che ci appartiene deve essere un piacere. Gli esseri umani sono fatti anche per sudare per conquistare ciò che si vuole e si ama, sente pertanto anche il piacere dello sforzo.

Ma è anche falso

Perché nell’idea di fare solo le cose piacevoli sensualmente ed immediate, manca il principio di realtà  ben noto: che tutto ciò che si desidera realizzare costa una gran fatica. E anche se è uno sforzo desiderato comporta sudore e difficoltà… e a volte non lo rende sensualmente piacevole.

L’autocompiacimento appartiene ai sensi, agli istinti e alle sensazioni che appartengono al corpo ed ha la caratteristica di saziarsi, di avere un limite. Dolore e piacere appartengono al corpo. È un senso orizzontale che comunica con il mondo: con le cose belle e anche con le cose spiacevoli. Il compimento e la realizzazione appartiene agli istinti dell’anima, ai sentimenti  ed ha la caratteristica di non saziarsi, di non avere un limite perché fanno parte dell’imperativo di perfettibilità  costitutivo dell’essere umano. L’anima appartiene alla sofferenza e alla pienezza. È una forza verticale che fa tendere l’essere umano verso l’alto, verso il massimo, verso ciò che e’ perfetto, più vicino all’eccellente. Comunicare con aneliti e istinti superiori che riempiono le profondità della vita di ognuno di noi.

L’adempimento del dovere dovrebbe avere il suo piacere perché consente di sviluppare la realizzazione piu’ profonda di ogni essere umano. L’autocompiacimento non sempre soddisfa la vita. Soddisfa il corpo e permette un benessere passeggero che ti lascia affamato  o con un senso di indigestione.  In una società edonistica in cui la soddisfazione del corpo è l’unico e fondamentale  scopo, i vari conflitti si moltiplicano e dilagano in ogni parte.

Cerchiamo soddisfazione mangiando e facendo cose che non ci riempiranno, cerchiamo surrogati che ci degradano e complicano l’esistenza, ripetendo meccanismi compulsivi guidati da insoddisfazione cieca, e col non sapere o voler “vedere” e  distorcendo continuamente il retto cammino della nostra vita.

Qualche esempio farà luce su ciò che affermo e ci serviranno a constatare l’importanza del trattamento omeopatico.

Vedremo l’importanza della patologia ereditaria silenziosa e della patologia profonda (struttura e condizione miasmatica ereditata) nella vita di una persona e l’importanza  dell’apprendistato, nell’infanzia, del linguaggio primordiale, il linguaggio della famiglia.

Maurizio: il cammino dell’eroe mai compiuto

Maurizio ha 12 anni e vuole diventare un  grande pianista perché si è innamorato degli applausi e della magia che aveva provato ad un concerto diretto da Zubin Metha. Qualcosa si è acceso nel suo cuore e da allora ha voluto raggiungere nuovamente quel luogo. In quel momento il suo corpo e la sua anima hanno ricevuto  il seme per sentire compiacenza e realizzazione, come unica e sola cosa. 

E’ una verità armoniosa che lo abita e che ha tutto il necessario per svilupparsi. Come conseguenza  si iscrive al Conservatorio di Musica e inizia appassionatamente la sua strada.  Gli anni passano e lui si applica, si disciplina con tenacia. Niente gli pesa. Ha il piacere dello sforzo e sogna ininterrottamente il suo trionfo.

Tuttavia… improvvisamente, succede qualcosa di inaspettato nella sua vita. Ha compiuto 17 anni e si e’innamorato. Non è un uomo particolarmente bello. È piccolo, sgraziato e grassottello, timido e con poco garbo e poca eloquenza. Tuttavia, secondo le sue grandi ambizioni dei suoi sogni, s’ innamora della ragazza più difficile. Una donna pretenziosa, sprezzante e pedante. Dopo 2 mesi lei lo lascia disprezzando lui e tutto ciò che fa, la sua musica, le sue idee, il suo affetto ed il suo amore sottomesso e dipendente. 

Violentemente ed improvvisamente, lui conosce una parte di se stesso che non aveva mai immaginato: il suo limite e la sua scarsita’ davanti a se stesso e agli altri.

Questo abbandono sprezzante lo fa soffrire molto e sotto molti aspetti, soprattutto per quelli riguardanti la sua maschera. Egli non è visto come pensa e per la prima volta teme e conferma a se stesso che non raggiungerà il suo grande desiderio di trionfo. Diventa rigido e contratto e inizia ad avere dolori e crampi alle braccia e al collo, tanto da non essere in grado di stare in piedi,  di non essere in grado di suonare il pianoforte, di non essere in grado ad andare avanti per la sua strada. Va dal neurologo. 

Gli fanno analisi, Tac… e alla fine gli viene diagnosticata la Siringomielia. Un allungamento ed  ernia delle tonsille cerebrali, che gli procura mal di testa, torcicollo, vertigini e perdita di equilibrio, con disturbi motori…  come conseguenza di una manifestazione inconscia di auto-rifiuto, disprezzo per non essere stato in grado di conquistare quello che voleva e un totale modo di rifiuto del padre. Vuole detronizzare il re, senza realizzare la complessita’  perversa di tutta quella famiglia.  Riesce a sposarsi contro la volontà di tutti.  

I  genitori di lei disprezzano anche i suoi genitori al punto da non averli invitati al matrimonio. E lui accetta una cosa così indegna e crudele, pur di non perdere l’occasione. Accetta continue umiliazioni, che si accumulano  in ogni direzione. I suoi genitori sono persone semplici. Il papà e’ un operaio meccanico rude ma di buon cuore, scontroso, sempre indignato della situazione, perché anche se è rude ed umile è un uomo degno. Combatte con suo figlio e per suo figlio e si dispera perché il figlio è così terrorizzato che non ha né dignità né onore. 

Un figliocce in profondità, si vergogna di essere piccola cosa, di venire da una famiglia  umile e con l’evidente desiderio di essere più di ciò che erano i suoi genitori e più di quanto lui stesso avrebbe potuto essere.  La madre è una impiegata  governativa, piena  di ansia  e testarda come il figlio. Una brava persona, ma compulsiva e soffocante, almeno fino a quando non ha iniziato ad essere trattata con l’Omeopatia (cambiò profondamente negli anni).

Il padre, nel bel mezzo di tutte queste sofferenze, fu operato di urgenza di ulcera emorragica e fu licenziato dal lavoro. Quando tornò gli fu dato il posto di lavoro lontano e scomodo,  accettato per necessità e perché era vicino a suo figlio, facendo lunghi viaggi ogni giorno, fino a che non decise di cambiare casa. La madre ha tentato inutilmente di  recuperare il figlio piena di preoccupazione, indignazione e dolore..

Due anni dopo l’infelice matrimonio  la moglie crudele rimane incinta e hanno una bambina. Le condizioni sono dolorose. La famiglia crudele si tiene la bambina in tutto e per tutto.

Proibiscono al padre di toccarla e che si prenda cura di lei. Tuttavia, utilizzando mille giustificazioni assurde egli continua ad accettare, secondo lui non per vigliaccheria e servilismo, ma per non perdere la bambina, convinto che gliel’avrebbero portata via se lui si fosse allontanato.

Continua ad ingannarsi continuamente fino al punto di disprezzarsi e giungere ad un totale fallimento. La famiglia crudele e sadica continua a disprezzare i genitori di lui al punto che la madre del nostro paziente, per non allontanarsi dalla bambina e che la piccola non la conosca, accetta di andare a casa loro come bambinaia.

Il giovane si sta gradualmente consumando in questa dura e cieca battaglia. Quando viene da me, dopo essere scomparso, (l’ho incontrato all’inizio di tutto questo dramma, e aveva preso Lycopodium clavatum) spinto dall’esaurimento del lavoro senza limiti per soddisfare le richieste della moglie crudele, i debiti, i maltrattamenti e l’angoscia della perdita non solo del suo posto, ma della bambina, del suo futuro e del senso più infimo della sua propria vita, oltre alla vergogna della sua sconfitta, parliamo poco.   

Ci siamo capiti immediatamente. Sapevamo cosa stava succedendo. Nel profondo ci conoscevamo molto bene, da più di 10 anni.  Avevamo condiviso i primi problemi e ci eravamo già raccontati e ci eravamo messi al corrente…

Nel profondo, si allontanò da me e dall’Omeopatia, perché voleva soddisfare i suoi desideri. La volontà di compiacenza  aveva vinto la volontà di realizzazione e quella di compimento.

Gli esseri umani nel desiderio di compiacerci spesso sono ciechi e sordi a tutte le chiamate che ci fa la nostra realtà nel semplice fatto di vivere giorno per giorno.

Spesso viviamo la confusione di credere che  compiacerci sia realizzarci  e i piu’ si perdono in questo. Maurizio, per compiacere se stesso voleva, inavvertitamente,  avere il trionfo prima della battaglia. 

Prima di fare il “cammino dell’eroe” obbligatorio e mitico che dobbiamo tutti percorrere prima di giungere alla realizzazione, e riconoscerci ed essere riconosciuti in ciò che siamo davvero e non solo in quello che  con l’immaginazione vorremmo essere o avremmo voluto essere, soprattutto per avere successo indipendentemente dagli strumenti che abbiamo a nostra disposizione.

Questo percorso mitico e reale allo stesso tempo, che esiste dentro di noi come un respiro emozionante, in condizioni di equilibrio e salute  spinge a usare intelligenza e disciplina, la virtù di continenza, prudenza,  la  forza, la temperanza e giustizia, cioè la giustezza. Una misura di adeguatezza tra ciò che si riceve e ciò che si da’, tra ciò che sta accadendo e quello che vogliamo che accada. Quella realtà che tiene conto di ciò che si vive e di ciò che sta accadendo nella propria vita quotidiana. 

Tuttavia, in condizioni di squilibrio e di malattia “ereditaria”, (che ci fa pensare che siamo così, che è il nostro carattere e il nostro modo di essere perché così siamo nati) non ci rendiamo conto della nostra cecità.

In quelle condizioni in cui i nostri antenati ci hanno lasciato pieni di messaggi, credenze, confusione, vite subite e realizzate come era loro possibile. Con tutte le ferite e i segnali di tutto ciò che non sono stati in grado di vivere, di conoscere e voluto risolvere… ciò che in omeopatia hahnemanniana è chiamata la “condizione miasmatica”… ci troviamo come il nostro Maurizio, non solo spinto dal suo Principio Vitale, ma dalle deformazioni involontarie accumulate ed ereditate piene di limiti e di esperienze oscure, al punto di soffocare la Luce dentro di sé che lo porta a realizzare il suo cammino, insostituibile, con un modo di capire, leggere, sentire e rendere la vita intrinsicamente deforme.

Quando  tornammo ad incontrarci il rimedio non era più il Lycopodium Clavatum, tale rimedio  così profondamente costituzionale nella struttura patologica della sua eredita’ genetica e della sua storia. 

La vita era passata e lasciato le tracce delle conseguenze della patologia. Il rimedio era ora Aurum Metallicum. Il nostro Maurizio aveva raggiunto la fine della devastazione, di auto-svalutazione, disprezzo di sé e fallimento esistenziale del suo presente, del suo passato e del suo futuro. La sua vita dipendeva da un unico filo: un altro essere umano con cui doveva e voleva recuperarsi per tornare a brillare: una creatura piccola e bruttina come lui, ma carne della sua carne e vita della sua vita: MARA (che “accidentalmente”… significa ” amaro”).

Le considerazioni cliniche relative al caso sono fondamentalmente le considerazioni drammatiche dello sviluppo della sofferenza intima e atroce di un essere umano, cioè la sua esistenza, la sua vita, la sua inevitabile tragedia. 

La danza naturale che tutti viviamo tra la nostra morte e la nostra vita avanzando mano nella mano insieme costituendo la nostra storia, la nostra battaglia e il nostro esistire più genuino.