Napoleone era morto. Saputo la notizia, Hahnemann, tedesco e nemico dell’imperatore francese, aveva esultato per le vie di Lipsia assieme a tutti gli abitanti della città. Successivamente, un po’ per pentimento ma soprattutto per trascorrere una serata diversa dalle altre, aveva organizzato nella sua casa una commemorazione in favore dell’illustre defunto.
Chiamò un poeta italiano. Il suo nome era Alessandro Manzoni. La famiglia di Hahnemann era numerosa e il brusio delle voci molto fastidioso.
– 5 Maggio!- Declamò, con solennità, il poeta e intorno fu silenzio. Manzoni sistemò le pagine sul leggio e continuò, portando una mano e lo sguardo verso il basso: – Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spo…spoo….spoooo….- Alessandro Manzoni soffriva di un fastidioso disturbo: le emozioni lo facevano balbettare.
– Sposa?- Suggerì Charlotte, una delle figlie del medico tedesco. Il Manzoni fece cenno di no con un dito. Allora, anche gli altri figli di Hahnemann provarono a trovare la parola giusta.
Eleonore disse: – Sponda? –
Louise: – Spocchia?-
Amalie: – Spola?-
Ma, ad ognuna, il Manzoni compiva dinieghi con la testa. Invece annuì a Friedericke che, tra i mormorii imbarazzati delle altre sorelle, disse: – Spogliata?-
Fu a quel punto che, con l’aria di chi sa il fatto suo, si alzò la madre, Johanna Henriette Leopoldine. – La parola giusta è: spoglia! –
Il Manzoni fece cenno di sì e tutti applaudirono. Manzoni riprese a leggere la poesia: – la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta, mu….muuu…muuuu…- Nuovamente iniziò a balbettare.
I figli di Hahnemann ripreso a cercare la parola giusta.
– Mucca?
– Mugnaio?
– Mummia?
– Muffa?-
Manzoni mise una mano davanti alla sua bocca.
Louise disse: – Museruola.-
Manzoni finse di tagliarsi la lingua e, a quel punto, Johanna Henriette Leopoldine si erse in piedi, sicura del fatto suo esclamò: – Muta è la parola giusta!-
Manzoni annuì e, nuovamente, tutti i presenti applaudirono.
– Che bel gioco!- Commentarono i figli di Hahnemann. – Facciamolo ancora. –
Fu a quel punto che, paonazzo in viso e con i pugni serrati, il medico tedesco, sbraitò: – Dobbiamo commemorare l’imperatore dei francesi e non giocare agli indovinelli!-
Diede un flacone in mano al Manzoni, lo scrutò minacciosamente e ordinò: – Prenda subito venti gocce di Gelsemium per la balbuzie.- Poi cercò di cambiare atteggiamento, il tono della sua voce divenne gentile e domandò: – Non ha qualcosa di più semplice da leggere, magari qualcosa scritto in prosa?-
Il Manzoni, rinvigorito dall’assunzione di Gelsemium, annuì. Cambiò i fogli sullo spartito e pronunciò: – Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi…-
Hahnemann lo interruppe. – Ma che roba è mai questa?- Strillò come una vecchia zitella. –
I promessi sposi. – Rispose Manzoni.
Hahnemann, mestamente, scosse la testa. – Questa è robaccia. Lei deve cambiare mestiere, dia retta a me. Non ha mai pensato di fare il lavandaio?-
Manzoni ci pensò un momento poi schioccò le dita. – Potrei andare a lavare i panni in Arno!-
Vada dove le pare, purché sia lontano da qua. – Disse Hahnemann accompagnandolo all’uscita della sua casa e chiudendogli la porta alle spalle.
Curioso e fuori dal comune era comunque il blocco emotivo che colpiva Alessandro Manzoni, che non solo era assolutamente incapace di pronunciare una sola parola in pubblico, ma neppure riusciva a scrivere una semplice dedica su un album o a scrivere alcunché in presenza di qualcuno. Sulla fobia verbale del Manzoni si è molto basato il Lombroso per concludere un suo studio psichiatrico intorno al grande scrittore, affermando che egli era un “degenerato al pari dei delinquenti nati“! (Cesare Lombroso: Nuovi studi sul Genio, Palermo, 1910).