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3 Settembre, 2021

Rossella O’Hara

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Tempo di lettura: 4 minuti

Il Border Collie ha un’origine non semplice da ricostruire; infatti, sebbene riconosciuto come razza dalla cinofilia ufficiale solo nel 1976, sembrerebbe esistito da sempre nella sua terra di origine, il “Border”, la regione della Gran Bretagna situata tra Scozia e Inghilterra, dove è molto apprezzato dai pastori del luogo.

Nonostante nella prima metà del XIX secolo gli esemplari più belli delle varie razze dei collie fossero molto ricercati nelle città come cani da compagnia, la razza Border Collie ha conservato nel tempo un aspetto segnato da una venatura rustica.

Ha un corpo caratterizzato da ottime proporzioni e da linee morbide, pur dando impressione di grande resistenza. È dotato di grazia e perfetto equilibrio, molto vivace, instancabile ma senza essere nervoso o aggressivo, di carattere focoso, vigilante, recettivo e, in ultima analisi, intelligente.

Si muove con discrezione e talora con furtività, a volte è capace di avvicinarsi al suo gregge strisciando come un felino e fissandolo intensamente con uno sguardo ipnotico.

È un concentrato di energia fisica e mentale, ama il movimento, è capace di cambiare improvvisamente velocità e direzione della sua corsa e ha bisogno ogni giorno di un lavoro stimolante.

Sebbene pieno di vita e appassionato nelle sue manifestazioni affettive, è riservato e perfino difensivo di fronte agli estranei.

La sua espressione intelligente e attenta, ma allo stesso tempo avida, riflette il suo temperamento.

Rossella O’Hara… Rossella

Avvolta nelle sue crinoline di mussolina verde, ci appare come una visione, seduta sotto un albero: mento aguzzo, pelle di magnolia, mascelle quadrate, manine bianchissime compostamente intrecciate in grembo, quaranta centimetri di vita, sopracciglia nere e folte graziosamente arcuate, magici occhi verde chiaro privi di sfumature nocciola, tagliati all’insù, ombreggiati da lunghe ciglia nere e “avidi di vita”. Ha appena sedici anni, Rossella O’Hara, e il mondo le sorride attraverso gli occhi adoranti di qualunque maschio che incontri i suoi.

“…sana e vigorosa”, Rossella attraversa tutto il romanzo, che nasce e palpita intorno a lei, ne costituisce l’asse portante insieme ai suoi pensieri, alle sue opinioni mai obiettive, alle gioie e ai dolori che inevitabilmente la vita le concede, alle sue avventure. Caparbia, volitiva, centrata su se stessa, egoista in modo imbarazzante, ignorante, superstiziosa, astuta, bugiarda, risoluta, avida, generosa, rapace, seducente, omicida e, soprattutto, assolutamente indifferente ai sentimenti altrui che, in realtà, non riesce nemmeno a percepire, o, le rare volte che succede, le sembrano melensi e privi di utilità.

La si ama o la si detesta, fin dall’inizio, in ogni caso non lascia indifferente il Lettore, così come scava un solco profondo nella vita di tutti quelli che incontra, alternativamente odiata, amata, compresa, adorata, temuta, detestata.

Tutti, nel romanzo, fanno a gara per gravitare intorno a lei, anche semplicemente soltanto per odiarla con tutte le proprie forze.

La guerra fa emergere il suo lato più duro, quelle qualità disdicevoli agli occhi dei suoi contemporanei ma così necessarie per sopravvivere salvano la vita sua e quella di coloro che mette, generosamente, sotto la propria protezione. Non appena il vento cambia a suo favore adora circondarsi di oggetti sfacciatamente costosi, anche se poco signorili, non vuole provare mai più i morsi della fame, vuole essere invidiata e rispettata e, del parere altrui, malgrado una certa propensione molto georgiana a scandalizzarsi, se ne frega.

Intrisa, suo malgrado, dal cattolicesimo materno, non può di tanto in tanto che soffermarsi a riflettere sui propri comportamenti: alla fine di questi brevi esami di coscienza, accantonati in pochi attimi i suoi timori superstiziosi relativi alle fiamme dell’inferno, trova sempre una buona scusa e si stringe nelle spalle, rimandando a domani le sue preoccupazioni.

“Quanti anni hai, cara? Non hai mai voluto dirmelo”, le chiede uno sconfitto Rhett Butler.

“Ventotto… rispose triste”.

“… son pochi per aver conquistato il mondo e perduto la propria anima…”, ribatte il suo terzo marito mentre sta per lasciarla e aggiunge “… non alludo alle fiamme dell’inferno. Parlo metaforicamente…”.

Delle metafore Rossella non ha mai saputo cosa farsene.

All’improvviso, mentre Rhett sale le scale allontanandosi, Rossella si chiede tristemente se sia mai esistito qualcuno al mondo che lei sia stata in grado di comprendere. I pensieri si affollano nella sua mente e sono pronti come sempre a procurarle “una sofferenza acuta” e lei odia la sofferenza. Non le rimane che attuare “l’antico incantesimo” e così: “Non voglio pensarci adesso… ci penserò domani”, si dice cupamente e un balsamo scende sulla sua piccola anima.

Visita omeopatica

Bene, la prego di accomodarsi, signora Rossella O’Hara, e la sua crinolina si adagia mollemente intorno alla sedia del mio ambulatorio abbacinandomi con la sua lieve bellezza.

Mi parli di Lei, delle sue paure, delle sue infedeltà, del suo incessante bisogno di sedurre e di ottenere riscontri al suo fascino e del suo sostanziale disinteresse ai “fatti della vita”, quelli che avvicinano un uomo e una donna in situazioni indicibili. E ancora non disdegni di raccontarmi dei suoi superstiziosi terrori, della sua paura della dannazione eterna, dei compromessi che ha stabilito con il suo dio interiore, della sua incapacità a immedesimarsi negli altri.

Ha mai amato Rossella? Ha mai amato qualcuno oltre che se stessa? No, la prego, non mi parli di Ashley, quello l’abbiamo capito, era soltanto un inganno della sua mente, una fissazione infantile che si è portata dietro come un paio di vecchie e logore scarpe alle quali ti affezioni ma non le indossi mai.

Forse ha amato i suoi figli? Non certamente Wade ed Ella, che avevano soltanto la colpa di essere figli di padri inadeguati per quelle che erano le sue aspettative. Ne vogliamo parlare di questi padri, di questi uomini? Da utilizzare al bisogno, fastidiosi esseri ai quali di tanto in tanto consentire quelle mattane così inopportune, così disgustose che, quasi sempre, ti lasciavano il corpo sformato dai dolori e dalla gravidanza.

Rhett, l’unico che una notte, un’unica notte, le ha fatto perdere il controllo, ma perdere il controllo può essere terribile.

Lei sbuffa graziosamente e ci parla del denaro, imprescindibile accessorio di una vita tranquilla e, soprattutto, lontana dalla fame tremenda che l’ha ossessionata per anni.

Poi ci racconta di quei pensieri che all’improvviso sembrano sgomitare per affollarsi nella sua mente, riaprendo vecchie ferite e procurandone di nuove. Potrebbe impazzire se vi dedicasse le sue energie; sì, potrebbe perdere la ragione se inseguisse questo ciclone che le imperversa nella mente, potrebbe essere spazzata via. Meglio lasciare il gomitolo intatto che star lì a dipanarlo. Meglio rimandare tutto a domani.

“Domani è un altro giorno”.

Medorrhinum.

La saluto, affascinante creatura, e in Lei mi inchino al genio dell’Autrice.

Sorride facendo le fossette, eternamente bella e sfuggente, come quel vento che turbina intorno alle sue vesti portandole i profumi della sua adorata Tara.

La sua omeopata

La descrizione del personaggio e la visita omeopatica seguente sono stati tratti dal libro “Materia Medica di Via col Vento – Opera scherzosa” di Michela Casanica e Laura Naselli Edizioni Libriomeopatia.it